giovedì 13 agosto 2009

La Notte in cui Bruciammo Alì Babà 4 - L'Amaro Ramarro

Finalmente alla richiesta del caffè mettemmo anche il punto al pallottoliere delle raki. La conta vide come sempre Ketchup in testa a quota 9 seguito ancora da Milf e me a 6 e con il Dindondero e Durdurunuz a 5 più la solita birra iniziale.
Insieme al caffè turco ci venne fatto anche dono dell’ammazzacaffè, che in terra ottomana si profila come un liquore di colore verde intenso. All’apparenza è innocuo, ma io ve ne sconsiglio vivamente l’uso, trattandosi di roba zuccherosa al 100% che provoca un immediato rimescolio del glucosio con l’alcool precedentemente ingerito. Mi ricordo che dopo averlo bevuto mi alzai per andare alla toilette e mi ritrovai a fissare due tazze nonostante sapessi benissimo che ce ne fosse soltanto una. Sparai un fiotto di piscio così a cazzo, della serie ‘ndo cojo cojo.

L’amaro ramarro, come poi lo soprannominammo, ebbe anche l’effetto di farci fare un giro di confessioni al tavolo, con la regola che dovesse essere un qualcosa di mai raccontato a anima viva. La storia più bella ce l’aveva in serbo il Dindondero.
Dindondero – Giuro che io sta roba non l’ho mai spifferata a nessuno, me ne vergogno troppo. State a sentire, risale a quando ancora facevo pianobar sulle crociere, quelle che ti fanno fare il giro del Mediterraneo per intenderci. Eravamo di base a Genova e io avevo intavolato una relazione con una tipa sposata, Brunilde, che ogni tanto mi faceva il piacere di farmi piantare la tenda nel suo giardino. Una volta, io ero di ritorno dalle Baleari, il marito ci fece il regalo di togliersi dai coglioni per un paio di giorni così che insieme con la Brunilde organizzamo una seratina romantica coi fiocchi. Cena a base di pesce, con antipasto di gamberoni e fagioli, zuppa di ceci con le cozze e per finire un bel rombo con le patate.
Ketchup – Se siete riusciti a scopare con quella roba sullo stomaco avete del talento.
Dindondero – Lasciami finire, dicevo, ci spolverammo tutto annaffiando il cibo con dell’ottimo Bernkasteler Doctor Riesling Kabinett. Dopo l’ultimo brindisi ci fiondammo in camera da letto che Brunilde aveva riempito completamente di candele accese, per un istante pensai a una messa satanica, poi mi lasciai conquistare da tutto quel romanticismo, ma soprattutto da un pompino di quelli che ti strappano via la pelle. Mi sentivo altruista in quel momento, così la spinsi sul letto, le sfilai via gonna e mutandine e cominciai a leccarla per benino, un lavoretto da leccarsi i baffi. Lei lunga sulla schiena con le gambe fuori dal letto e io in ginocchio con il culo diretto verso la finestra.
Sarà stata la brezza che mi pettinava le chiappe oppure il misto ceci e fagioli, sta di fatto che cominciai a sentire degli spasmi all’intestino, quei borbottii che ti fanno vergognare in pieno pubblico quando sei colmo di merda e cerchi di trattenerti perchè sei in un luogo con troppa gente. Mi concentrai per tratternermi, ebbi per un momento la sensazione di poter dominare la situazione e allora la voltai e lei si mise rapida a 90° per essere penetrata. Si girò e al lume delle candele mi guardò fisso negli occhi, io allora persi la concentrazione e decisi malauguratamente di salire sul letto con i piedi per poter spingere più a fondo. Mentre alzavo la gamba destra, mi ricordai degli smottamenti intestinali e di essere in quel momento gonfio come un pneumatico da camion.
Troppo tardi. Mi partì la più grande scoreggia della mia vita, il che non sarebbe stato nemmeno troppo grave se non avessi avuto una candela accesa a meno di venti centimetri dal mio buco di culo. E dietro la candela, una tenda. Fu tutto in un attimo. La scoreggia prese fuoco e investì in pieno la tenda che a sua volta divampò all’istante. In meno di trenta secondi sembrava che dovessimo finire peggio di Roma sotto Nerone e allora corsi in soggiorno, presi la prima bottiglia che trovai, tornai in camera da letto e la gettai sulle fiamme. Era grappa.
Brunilde mi guardò come si guarda la tazza del cesso dopo aver cagato. Io balbettai che non c’era problema, che tutto era sotto controllo, poi le lanciai il telefono urlandole di chiamare i vigili del fuoco e le dissi che sarei sceso a cercare aiuto. Uscii dalla porta di casa, scesi le scale e una volta in strada non mi guardai più indietro. Di lì a due giorni mi avrebbero cambiato di nave e da allora non ho mai più rivisto Genova. Chissà che avrà raccontato ai vigili, e al marito? Io ci rimisi il mio perizoma leopardato portafortuna oltre a rimediare un’ustione all’intestino retto.
Bene, a chi tocca raccontare adesso?

In realtà il giro era finito, lo guardammo tutti con un sorriso sognante. Provammo a ordinare una zuppa di fagioli per ammazzare l’ammazzacaffè ma ci risposero che la cucina aveva chiuso.

Non so se il tuo vero nome sia proprio quello, sta di fatto che se tu Brunilde, o come cavolo ti chiami realmente, dovessi passare da queste parti e dovessi poi per caso leggere questo racconto, ti prego vivamente di farmi sapere, anche in privato, come andò a finire quella nottata.
Sai com’è, ci abbiamo scommesso su. Baci.

5 commenti:

Laura S. ha detto...

Mio dio...è fenomenale!
Giuro, son morta dal ridere!
XD
Ciao!

NikkoHell ha detto...

Finalmente si rivede anche un tuo post :) sfaticata.

Sono solo un misero raccoglitore di storie, sono un'antenna.

Pulci ha detto...

Buon Ferragosto!

oceanomare ha detto...

Hey ciao! Ke forte ke sei, davvero, e poi sai scrivere proprio bene! Forse non hanno sbagliato a darti la laurea, dai... Piacere di averti trovato sul mio cammino del blog!
Silvia

Laura S. ha detto...

Sfaticata a mmia?
Tzè!
Tu vai a bere amari ramarri eppoi la sfaticata sono io?
XD
Ciao bestia!

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