mercoledì 23 dicembre 2009

Trash 22 - Che lo Stronzo sia con te...

Come vado dicendo da un po', i commenti producono effetti non prevedibili e a volte decisamente simpatici.

Scherzando e ridendo con Laura S. sul fatto che non avessi un muro dove appendere una delle sue belle tavole (a me i robottoni dell'Angolo del Fastidio mettono sempre di buonumore), alla fine ci è scappato un Goldrake in atteggiamento intimo.

Continuo a sostenere che nella vignetta ci stava tutto anche il Maestro Yoda mentre, mangiando un'insalata di cibernetica, apostrofa Goldrake con un benaugurante "che lo stronzo sia con te!".

Troppe grazie di nuovo a Laura S., che me la immagino come un piccolo vulcano.



 

sabato 19 dicembre 2009

Tracce Sparse 3 - Un blog tutto per i commenti

Ho deciso che l'idea delle tracce sparse mi piace proprio.
E allora perché non farci un bel blog aggregatore?

Vi arrivano commenti interessanti sul vostro blog (beh interessanti, diciamo almeno decenti :)...)? Leggendo qui e là vi imbattete in qualcosa che non sia una richiesta di mutuo-linkaggio?
Bene, mandatemi una ricchissima mail con il link al post, il commento e il link al tipo/topa che vi ha lasciato quelle macchie d'inchiostro.

Il mio secondo blog: Tracce Sparse :)

(volevo aprirlo prima ma mi rodeva il dubbio sull'ortografia di tracce. Sarà traccIe o tracce?)

venerdì 18 dicembre 2009

Trash 21 - Vespasiano era un cesso nano

Si noti poi il colpo di classe messo in evidenza nel secondo scatto. I due orinatoi sono posizionati ad angolo, per favorire l'eventuale culo a culo tra genitore e pargolo nano.

Sono rimasto lì ad applaudire la mente malata dell'architetto di interni. Il vocabolo architetto mi fa ricordare che ora da noi ci sono ingegneri che sono stati rinominati architetti hardware e software. 

Chissà perché poi quando parlo di vespasiani mi viene sempre da pensare anche all'ufficio. Chissà.





Tracce Sparse 2 - Senza Confini

Da un post di Mea.

A me il secondo piace proprio un sacco.
Me lo appenderei se avessi un muro

giovedì 17 dicembre 2009

Coffee Machine 9 - Sulla storia dei post che vorresti scrivere e che invece fuggono

Il titolo, va detto, è un po' lungo. Come il caffè cattivo. Lungo.
L'altro giorno proprio alla macchinetta del caffè ragionavo e riflettevo sul fatto che dovrei ricominciare a bere caffè d'orzo. Orzo insomma, senza caffè.
E già, che poi quando sono lì coi colleghi che parlano, con io che sorrido e dico - sì sì come no - ecco io quando sono lì in realtà sappiatelo io non ci sono. Sono da qualche altra parte, probabilmente nella parte interna della mia retina. Sono nascosto lì e penso.
A volte mi dico ecco stasera scrivi di questo post. E no, non voglio arrivare al punto in cui ognuno di noi arriva. Al punto in cui si dice che in quel dato momento mi è passato per la mente il post del mondo, il post del millennio, e che poi me lo sono dimenticato. No no, non voglio arrivare a dire questo, che per carità, magari è successo ma poi mi è passato di mente il fatto che me lo fossi scordato.
No, a me succede un'altra cosa. Penso a dei post che mi sembrano davvero bellini, e non me li scordo nemmeno per niente. Solo che ho sempre l'impressione di averli già scritti e che postandoli farei la figura del rincoglionito che ripete sempre le stesse cose.
Come i vecchi di paese per i quali le mezze stagioni, se le metti insieme in un anno, fanno due stagioni. E quindi per forza ti perdi primavera e autunno. Logico.
E come quei vecchi sempre dello stesso paese per i quali si stava di molto meglio quando si stava peggio. Che poi diciamocelo onestamente. Hanno ragione da vendere.
Io ieri sera in pizzeria ho chiesto una pizza due stagioni. Però sono sicuro che sta cosa l'ho già scritta. Oppure, da qualche parte, l'ho già dimenticata.

Teknikamente 11 - Il nodo alla cravatta

In una vita passata sono morto impiccato, oppure strangolato dalle cosce di una cortigiana che dopo avermi cavalcato ha deciso di avere il cuore di una vedova nera.
Sta di fatto che io sono uno pacifico, ma proprio una persona di quelle calme, solo che se mi attacchi al collo allora io divento una furia. A scuola una compagna, da dietro, mi prese per il collo stringendo forte, io con un gomito le rifeci tutto il setto nasale.
Odio i maglioni a collo alto. Odio le cravatte. Ecco, le cravatte. Mi soffocano.
Oltretutto quando mi vesto con pantalone camicia giacca e cravatta incappo sempre in uno strappo muscolare. Non ci crederete, ma tutte le sante volte rischio il colpo della strega e ne esco sempre e immancabilmente come minimo con un nervo accavallato ma più spesso con uno strappo alla schiena. Sempre allo stesso muscolo poi, quello che parte poco a destra del collo, subito sotto la spalla e che scende sulla scapola.
Non ci sono cazzi. Mi metto i calzini le mutande i pantaloni la camicia e a quel punto attacco a sudare freddo. Poi mi alzo il colletto della camicia, cosa che di solito fila liscia. Dopodiché ci do dentro con il nodo alla cravatta, so fare solo quello imparato al servizio di leva ma devo dire che mi riesce bene.
Subito dopo capita il misfatto. Alzo le braccia, il collo è già in sofferenza per la cravatta stretta, provo a ritirare giù il colletto delle camicia e lì sento il Tac! E a seguire mi si incarta il collo e mi prende una semiparesi facciale. Tutti mi dicono che sorrido sempre quando sono in giacca e cravatta. Beh ecco, è la semiparesi e non un sorriso, ricordatevelo.
E' una vita che mi va così ma non so perché. A quel punto proseguo mettendomi la giacca, mentre gocce di sudore irrigano il pavimento.
Nove volte su dieci mi ricordo di essermi scordato di lavarmi i denti, che con la giacca è una roba non agevole. Durante la stagione invernale, al momento di indossare il cappottone, parte il secondo strappo.
Generalmente nello stesso identico punto.
Generalmente impreco, sempre allo stesso modo.
Generalmente me la prendo col padreterno che non mi ha dotato di collo.

sabato 12 dicembre 2009

Riflexio 15- Amletici Dubbi

Mi concedo la solita visita settimanale al Centro Commerciale. Rigorosamente da solo che se uno si vuole deprimere allora è bene farlo sul serio e fino in fondo. Vado per prendere d’assalto Fnac, che oggi c’è la giornata del socio, o del sorcio non ho mai ben capito. Quella giornata lì in cui possono entrare solo quelli che hanno la tessera, ossia tutti, che tanto se non ce l’hai te la sfornano lì per lì, calda calda.
Ne esco appesantito di buste stracolme di libri e alleggerito nel portafoglio.

Mi fermo a mangiare un pezzo di pizza mozzarella e salsiccia con un foglietto sopra che spiega le ragioni per cui la salsiccia è in sciopero e dunque non è rintracciabile in alcun modo sulla pizza di cui sopra. Accompagno il tutto con un bel kebab innaffiato da una bevanda che spacciano per coca cola.
Vengo colpito e investito da tre dubbi esistenziali mentre mi strafogo al tavolo impietosendo i passanti. Leggendo capirete che sono assolutamente interlacciati tra di loro anche se ancora non ho ben capito come. Ma andiamo con ordine.

Uno) Pare che ormai puoi scrivere un noir solamente se hai il cognome che finisce per -ansson o -arsson, sì insomma se sei uno scrittore scandinavo. Cazzo. Fino a tre anni fa si contavano sulle dita di una mano. Ora ci sono solo loro. Ho la vaga impressione che, in particolare in Svezia, ci siano più scrittori noir che abitanti. Prima lo scandinavo si suicidava, e a ragione dico io vista la coercizione a cibarsi soltanto di salmone aringhe e birra, ora invece scrive noir. L’altra moda poi è la storia del passaparola. Fa figo oramai. Appena leggi “successo” e “passaparola” subito acquisti il libro. Diffidate. Firmino per me è e rimane una cagata pazzesca che ci hanno spacciato per capolavoro.

Due) Mi rendo conto che il tizio che mi ha servito il kebab indossa dei guanti bianchi da chirurgo. O da esperto di fisting, fate vobis. Ma sarà igienica sta cosa? Mi spiego. Quello i guanti li porta minimo minimo da questa mattina, ci si è sicuro sicuro scaccolato un paio di volte e, dipendentemente dalla sua odierna vena creativa, ci sta che ci sia anche andato al bagno dandosi pure una bella ravanata. E allora a che servono sti cazzo di guanti? Che minchia combinano dietro la porta della cucina? Ne deduco che il guanto è una carineria che il tipo usa alla cameriera quando la ispeziona analmente per benino. Il kebab mi sembra decisamente più delizioso. Più saporito direi.

Tre) Ma quella tipa lì. Si quella lì che si è messa lo stivale, con le calze spesse e il vestitino attillato e decisamente corto. Ma dico io, si è messa le mutande sopra le calze? E‘ dieci minuti che cerca di sistemarsi l’elastico. Giuro. Ha il perizoma sotto il vestito ma sopra le calze. Per forza. Oppure le calze hanno il perizoma incorporato. E comunque mi distraggo che come detto ieri oramai Polifemo pare disinteressato alla topa che lo circonda.

Chiedo la marca dei guanti al tipo del kebab e mi avvio a casa.

venerdì 11 dicembre 2009

Vojo fa' Outing 14 - Strash

Sono pieno di forfora vacca boia. Anche sulla barba. Se non mi fossi depilato (!) probabilmente me la ritroverei anche in mezzo alle palle, letteralmente.

L'uccello mi tira poco, nonostante abbia smesso di fumare. Tanto che non noto più nemmeno le tette. Quelle grosse dico.

E poi da tre giorni soffro di stitichezza. Sì esatto, non cago da 72 ore. Quando mi piego per allacciarmi le scarpe ho il terrore di schizzare per aria come un palloncino bucato. Pfffrrrrrrrr.

Si tratterà di stress? Manco poco mi sa.

Sono gonfio gonfio gonfio. Con gli occhi attufati. Oltretutto soffro di scarsa ispirazione.
Da qualche parte nel filmato potete rendervene conto da soli...chi cerca trova Nikko.

Aggregativo, Alienante...ma soprattutto Strateggggico.
E io che pensavo che la troupe fosse di una roba tipo Rete Pace con il patrocinio della Salumeria Porcelli...

martedì 8 dicembre 2009

Trash 20 - Gli Amici Regalano Libri

Mi rendo conto di avere degli amici veramente speciali. Prendi ad esempio Lucrezio, Qekue e la piccola Cristofora, che conoscendo la mia passione per i libri e resisi conto che nell’ultimo periodo non faccio altro che parlare di merda, han pensato bene di regalarmi un libercolo dal titolo “La cacca. Storia naturale dell’Innominabile” di Davies Nicola (ma guarda il caso...).

La veste grafica è di ottima fattura, la copertina infatti si presenta di un colore diarrea semi-solida sì che è un piacere soppesarlo tra le mani e scorrerne le pagine.
I contenuti poi risultano decisamente più interessanti di quel che uno potrebbe immaginare di primo acchito, ci sono perle di saggezza applicabili tranquillamente alla nostra personale storia di tutti i giorni.

Frullando le pagine, così a cazzo come piace tanto fare a me con i libri - il che spiega come mai mi vanto di leggerne un trecento l’anno - in effetti li sfoglio rapidamente e butto l’occhio dove capita tracannando solo le parole che il caso e la fortuna decidono di donarmi, ecco in questo modo qua mi è capitato di imparare qualcosa di nuovo.

E’ la storia dell’importazione dello scarafaggio stercoraro, d’ora in poi rinominato lo Scarrararo, in quel continente dove la gente cammina a testa in giù e l’acqua sparisce negli scarichi dei lavandini creando vortici che girano al contrario. L’Australia insomma.

Ecco in quel posto lì a un certo punto della storia del mondo l’uomo decise di importare il bovino europeo. Se non sapete a cosa mi stia riferendo, alzate il mento un momento dal vostro pc e ruotate la testa di 90 gradi, il collega che si scaccola lì vicino a voi ne è un ottimo esempio. Il bovino europeo è noto per le sue carni saporite ma anche perché produce letteralmente montagne di merda, a chi non è capitato di finire con un piede nella cacca, modello pozza, di una mucca e perdervici la scarpa? A me, ve lo dico, è successo due volte.
La cosa simpatica ora sta nel fatto che lo Scarrararo australiano non aveva mai nemmeno lontanamente visto la cacca di bovino europeo sicché la snobbava rifiutandosi di produrre le sue solite pallette di escrementi e di rotolarle via da qualche altra parte. Gli allevatori locali si ritrovarono quindi con tonnellate di merda, che persistevano lì dove i simpatici bovini europei avevan deciso di mollarle, e furono invasi da nuvoloni di mosche banchettanti.

Joe Toilette a quei tempi era un appassionato di fauna, in particolare di insetti vari e farfalle. In realtà a lui fregava un cazzo delle farfalle ma aveva capito che con quelle si scopava un bel po’ visto che le donne sembravano apprezzare le sue collezioni.
Per due motivi sarebbe stato sacrosanto assegnare il premio Nobel a Joe Toilette, primo per questa cosa delle collezioni di farfalle e poi perché si rese conto che l’esemplare di Scarrararo che aveva preso in Europa risultava diverso da quello australiano, probabilmente per il buco nell’ozono, vallo a sapere. Si fece allora mandare una decina di Scarrarari dal vecchio continente, cinque esemplari maschi e cinque femmine, e si mise a studiare il diverso comportamento tra quelli che indossavano gli zoccoli - i 10 provenivano infatti dai Paesi Bassi - e quelli che portavano il cappello di Mr. Crocodile Dundee. Questi ultimi come detto schifavano la cacca di bovino, mentre gli olandesi ci sguazzavano dentro facendola sparire in un battibaleno.
Suggerì quindi al governatore di quei tempi di importare una quintalata di Scarrarari europei in terra australiana, risolvendo brillantemente il problema della puzza e delle mosche che affliggeva gli australiani, i quali oltretutto erano oramai costretti ad andare in giro scalzi per paura di perdere le scarpe. Gli allevatori lo portarono in trionfo e gli dedicarono il nome della latrina pubblica, che da quel giorno chiamaron tutti Toilette.

Siccome io cerco sempre degli insegnamenti in quel che leggo, per migliorare il mio e l’altrui presente, è da quando ho letto queste pagine che mi sto portando in ufficio un paio di Scarrarari al giorno, lasciandoli poi liberi di pascolare.
Ho la speranza che facciano sparire i troppi stronzi che aleggiano da quelle parti.

Chissà. Io sono un sognatore.

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