sabato 6 dicembre 2008

Riflexio 1 – Ritorno in nero

Dopo qualche mese di silenzio rieccomi qui a rimestare nel torbido che ho dentro. Le cause – del ritorno ovvio, che dell'assenza mica le conosco – sono tutte da addebitare 1) alla Winehouse e alla sua Back to Black e 2) al problema del parcheggio.

Sul fronte trasfertisti potete e dovete pensare a loro come a storia passata. Come a una fotografia sbiadita e in bianco e nero. Con tanta nebbia e tanto grigio. Come il video di Amy insomma. Su che avete capito, no? Dai non mi fate incazzare che se no comincio a frullare oggetti in giro per la stanza. Ma ritornerò sulla saga prossimamente.

Dicevo dell'assillo del parcheggio. E non parlo delle fottute strisce blu. E nemmeno delle Smart parcheggiate nei secchioni della spazzatura. No no. E neanche degli antifurti con o senza palle tipo mazza da baseball da usare quando ti fregano il posto. No non mi riferisco a cose di sì poco conto. La vera tragedia ormai è ricordarsi DOVE avete parcheggiato la sera o la mattina o il giorno o la settimana o il mese prima. La domanda che rimbalza di palazzo in palazzo è, in un certo senso, DOVE CAZZO HO MESSO LA MACCHINA. Dove dove dove dove dove? Eppure cazzo era qua. Sono sicuro. Per Dio mi hanno fottutooooo la maaaaccchinaaa.

E rimani impietrito di fronte a un catorcio che non è il tuo. Che non ha il colore della tua auto. Che non ne ha nemmeno la forma. Ti sposti da un piede all'altro con le chiavi in mano mentre pesti sul pirulino che apre le portiere. Ma non vedi luci lampeggiare e allora alzi il braccio e spari a caso perché comunque la macchina DEVE essere qui da qualche parte. E ti sale un fiotto di sangue direttamente al cervello e senti una specie di cascatella nelle orecchie. E hai un brivido e una botta di adrenalina che i tuoi tre spermatozoi mezzo rincoglioniti festeggiano pensando che sia finalmente arrivata la scopata annuale del padrone. E non respiri proprio. E chiami mamma papà il tuo lui la tua lei o tutti e due se sei uno a cui piace il triangolo e...ma no no no no! Sì sì sì. E un sorriso si stampa sul tuo faccione tronfio perché ti ricordi che qua ci hai parcheggiato due giorni fa e sì non so dove l'ho messa ieri ma sicuro non qui e Gesù grazie che non mi si sono inculati la macchina.

Non mi dite che non vi è mai capitato. Se vivete in un centro con più di centomila macchine sicuro che vi è successo almeno tre volte nella vita.

A me succede mediamente tre volte a settimana e in tre situazioni possibili diverse a) la mattina sotto casa b) la sera al parcheggio dell'ufficio – che ora abbiamo il multipiano pure noi – e c) all'infernale parcheggio coi colori e le lettere dell'iper super mercato di Roma Nord. Che i colori e le lettere sono così carini che mi dimentico sempre di leggere cosa cazzo c'è scritto. Voi non lo sapete ma in quel parcheggio ci vive una famiglia da un mese. Fa la spesa da Auchan e spera tutti i giorni di ritrovare la macchina. Che però se la sono portata via col carro-attrezzi. Ma io mica glielo dico. Sono così gentili, tutte le volte mi offrono il thè.

E allora qualche stronzo di quelli con le idee brillanti c'è in ascolto? Invece del GPS che mi dice di girare a destra tra tredici metri quando sono su un cavalcavia in autostrada. Invece della webcam a casa con controllo remoto per spiare la donna delle pulizie. Invece del telefonino che ci vedo internet che tanto non ci vedo un cazzo che lo schermo è di mezzo pollice. Insomma invece di prendermi per il culo, non potete mettere sul mercato un sistema che la mattina mi faccia ritrovare la mia quattroruote?

martedì 20 maggio 2008

Sangue e Merda e Momenti Strani

Ci sono momenti strani. Momenti in cui ti ritrovi a pensare a cose che non c’entrano niente con la situazione contingente. Che ne so. Un attacco di riso isterico al funerale del padre del tuo più caro amico. Che ora non ti parla più. Chissà perché. Un attacco di pianto sempre molto isterico dopo un orgasmo cosmico. Un’innocente dichiarazione – Dio stasera ho una voglia pazzesca di pizza con peperoni e ananas, tu come la vedi? – proprio un attimo dopo che il tuo secondo migliore amico, ora primo dato che quell’altro ancora non ti rivolge verbo, ti ha confessato che ha capito di essere gay ma non sa come dirlo alla moglie. Ha paura che lei possa prenderla male. Chissà perché.

Beh a me è successo così. Prima l’immagine del pony di Dis che procede solitario. Poi quella di Pusher a terra con un buco nella spalla e che urla – stronzi stronzi stronzi mi ci dovevo fare un tatuaggio in quel punto. E l’incrocio di sguardi degli altri sette. E subito ti colpisce il fatto che sette per sette fa indelebilmente quarantanove. Quarantanove gatti in fila per quattro. Quattro. Non era la quarta serie di Scrubs quella in cui c’era quella canzone? Quella là. Mat Kearney e Where we gonna go from here. Ecco.

E ti colpisce dritto in fronte. Proprio in mezzo agli occhi. L’assoluta certezza che no non lo sai per niente dove cazzo stai andando. Del tipo in macchina in autostrada con un bel po’ di nebbia. E quella sensazione penetrante che hai voglia di prendere la prossima uscita. Che devi. E nel momento in cui lo pensi ti accorgi di averla già superata. Sarà la prossima…forse.

Ma che cristo sto facendo? E ti rendi conto che qualcuno ti ha messo in mano una bella vanga verde e ti ha detto di cominciare a scavare. Che tanto prima o poi al fondo ci arrivi. Sì vabbè ma quando? Non sarà mica come la storia del tizio che si butta dal ventesimo piano? E che a ogni cazzo di piano ripete a sè stesso Fin Qui Tutto Bene. E il problema non è nemmeno l’atterraggio. Che se il destino ha deciso che lui debba cadere proprio nel punto in cui io sto scavando ci sta pure che io continui a scavare. E lui a volare. E allora mi sarebbe convenuto buttarmi. Che almeno avrei faticato di meno.

Sono quei momenti in cui decreti con cognizione di causa che Matrix non è una cazzata. Perché pure tu vedi tutto al rallentatore. Oddio magari gli psicofarmaci che prendi con quotidiana costanza ci sta pure che abbiano qualche controindicazione. Ma insomma niente di grave. Tanto io continuo a scavare. E quello stronzo là sopra non si decide a smettere di volare.

E Igor commette l’errore di guardarti fisso negli occhi.
E capisce che ha già perso.
Perché tu non hai niente assolutamente più niente da perdere.

domenica 18 maggio 2008

Sangue e Merda e L'Assalto 1

C’è un pezzo. E il Santo lo sa. C’è un pezzo che è la base di tutto. Quante volte l’avremo sentito all’inizio di questa piccola avventura? 100, 1000 volte? Non lo so. Santo dimmelo tu. In verità è tutta colpa tua se passo le notti insonni a scrivere per scaricarmi e ricordarmi. Che ci sono. Soprattutto. Scribacchiorum ergo sum. Qualcuno diceva coito ergo sum. E no non è un errore di battitura. Cartesio era un coglione. Ketchup no. O magari la svista ce l’ha avuta proprio Cartesio. Vallo a sapere. C’è un pezzo. Dei 30 Seconds to Mars. The Kill. Sulle cui note è nato tutto questo. E visto che forse ci rimettiamo le penne allora quelle stesse note ci stanno benissimo. Di lusso.

Igor soggiorna coi suoi scagnozzi all’ultimo piano dell’Adam & Eve. Nella suite da mille metri quadri l’idromassaggio per quindici persone e il dj incluso nel prezzo. Che poi il più bel getto d’acqua è quello del Ca’ Tessera. Avete presente quelle robe che si usano per nuotare in una piscina di sei metri scarsi? Ecco mettetelo al massimo. Piantatevici davanti come un banano. Giratevi di schiena. Allargate le gambe. Delicatamente apritevi le chiappe a due mani. E godetevi il più bello sciacquettio intestinale che possiate mai immaginare. Trasfertista Team Venezia docet. Per info chiedete alla padrona che ci spiava dalla telecamera di sicurezza.

Ma torniamo al dunque. Se sapessi qual è.
Il nostro ingresso nella hall è trionfale. Da veri principi. Ci accolgono dei fantastici alberelli finti, e lo sappiamo perchè abbiamo cercato di accenderci un falò con scarsi risultati, con delle bellissime mele. Quadrate. Giuro non sto scherzando. Quadrate. E di notte si accendono pure tutte. Beh tutte. Tutte meno una. Quella che il Ketchup ha pensato bene di addentare. E gli è pure piaciuta a quanto pare. Anche il suo dentista ha apprezzato l’iniziativa. Millecinquecento pleuri e gli ha ricostruito due denti. In nero ovviamente. L’ho cercato sul sito del 730. Dichiara trentamila euro l’anno. Moglie nullafacente e nullatenente. Lo yacht da mezzo melone come cazzo se lo sarà comprato? Ho una teoria in merito al fatto che in Italia non ci stupiamo mai di niente. Colpa della religione. Siamo cresciuti convinti che la mamma di Gesù fosse vergine. Traete voi le vostre degne conclusioni.

L’omino della reception con la bocca ancora aperta allunga la mano verso il telefono. Ma la frusta di Dark L è più veloce. E i suoi ex lo sanno bene. Ora lo sa anche lui. Ma soprattutto lo sa la cornetta. Procediamo come un gruppo di marines dopo sei mesi di addestramento. All’ingresso del pub lungo più o meno cento metri – le cameriere ci trottano sui pattini – assumiamo la formazione studiata e ristudiata. Chissà poi perché visto che dobbiamo ancora ficcarci tutti insieme nell’ascensore. Ma fa scenografia.

Aprono le danze Pusher e Guru. Il primo in tenuta da Braveheart e l’altro col vestito da Sandokan che usava per le feste di Carnevale. Un fucile mitragliatore da assalto da 700 colpi al nanosecondo e bombe a mano tipo Nazi seconda guerra mondiale. Sempre in prima linea ma allargato a sinistra c’è il Santo con un revolver modello Jigen e sigaretta ciancicata annessa. Allargato a destra troviamo Chef. Con le inseparabili aragoste da combattimento e la borsa porta-attrezzi di MarioBros. In copertura Trottola e l’Eremita. Uno padre e l’altro poco ci manca cerchiamo di esporli il meno possibile. Trottola impugna di nuovo la Katana di Kill Bill. L’Eremita è l’addetto alle radioline tanto per cambiare. Le abbiamo comprate con la cassa di sito. E infatti per andare a risparmio non funzionano manco per il cazzo. Se non altro è riuscito a beccare TuttoIlCalcioMinutoPerMinuto che oggi è domenica e almeno ci tiene aggiornati sul campionato. In retroguardia Ketchup che è dotato di mortaio e lanciarazzi. Oltre che di un culo per il quale ha richiesto il porto d’armi. Sulle ali la cavalleria. A mancina ci sta Dark L che pare la Gatta Ladra di Lazarus Ledd. Dall’altra parte il Dis che ha preso sul serio il ruolo. S’è comprato un pony e lo monta con fierezza. Pare un soldatino della playmobil.

Ascensore. Porte aperte porte chiuse. Pulsante. Premi. Premi ho detto. Salita. Porta aperte porte chiuse.
Le due guardie alla porta non lo vedono nemmeno arrivare. Il Trottola. Li apre in due come cocomeri rossi. Porte aperte di nuovo. Si entra. Di nuovo in formazione.
Guru – Minchia che grossa sta suite
Eremita – Minchia che Jacuzi
Santo – Minchia che merda di musica
Dark L – Minchia che fico quello laggiù in fondo. Savà mica Igov?
Dis – Minchia che palle
Chef – Minchia quanti cazzo sono!

I primi colpi sono i nostri. Sorpresa. Guru e Pusher sventagliano e ne abbattono quattro come birilli. Il rinculo li spara indietro. Ma era previsto. Trottola Eremita e Ketchup fanno muro li raccolgono e li tirano su. Quelli non dormono e rispondono. Trenta secondi trenta di inferno. Tutto-a-destra il pony continua la sua avanzata da solo...
Hanno beccato il Dis. Hanno beccato il Dis. Hanno beccato il Dis.
Silenzio d’ovatta.
Cazzo.

giovedì 1 maggio 2008

Sangue e Merda e Rabbia e Neo

Stasera vi meritate un pezzettino di follia. Psychokiller dei Talking Heads ci accompagna. Che poi a me le teste parlanti fanno pensare all’Isola di Pasqua. Avete mai pensato al perché si chiami proprio Isola di Pasqua? Cioè voglio dire, sta in culo alla luna. Da qualche parte nel Pacifico. Ma di chi è stata l’idea di chiamarla così? L’unica spiegazione che mi sono dato è che lì ci crescono le uova di cioccolata. Così, già belle e fatte. Fondenti al peperoncino.
Sono di quelle domande che ti alluppano il cervello. Tipo chiedersi robe del tipo ma se l’Universo è in espansione, esattamente oltre il bordo che cazzo c’è? Da ragazzino, e a volte ancora adesso nonostante tutto, domandandomelo provavo un vago senso di vertigine. In realtà mi sentivo proprio male.
Ora però le domande vertono su argomenti decisamente più evoluti. Mi sarò mica scordato di lavarmi le ascelle stamattina? Ho dato le mandate alla porta di casa? Beh mi rifaccio dodici piani di scale a piedi che sarà meglio ricontrollare che se no mi portano via pure le pulci del gatto. Ma sulle rotonde chi minchia ha la precedenza? Quelli che già stanno sulla rotonda, quelli che vengono da destra, quello che va più veloce, il pedone il cavallo l’alfiere o nessuno? Come diceva qualcuno la risposta è dentro di te. Il problema è sapere qual è la domanda.

Soffro di gastrite perforante. L’ultima volta ho chiamato la guardia medica e gli ho urlato venitemi a prendere che ho un infarto in corso. Non sopporto le persone che ti mettono le mani addosso quando ti parlano. Ficcatevele in posti migliori dico io. Non reggo nemmeno, chissà poi perché, chi si fa un frittatone mattutino ripieno con i cipollotti raccolti dalla nonna.

Apro una parentesi nel filo del discorso sulla rabbia e il rodimento di culo che sempre più spesso attanagliano la mia esistenza.
Vi starete infatti ponendo, sempre che non siate totalmente privi di scatola cranica, un micro quesito. Ma se vi siete mossi in massa come molossi per salvare quel debosciato di Jin, chi è che sta portando avanti il vostro stramaledetto lavoro? Il dubbio è lecito. Mi verrebbe quasi da tacere vista la scontatezza della risposta. Ma si sa che il trasfertista è una galantuomo. Specie quando si dimentica di ruttare e mollare robe pestilenziali.

Dov’ero rimasto? Sì, dicevo Neo. Neo è la risposta che vi posso dare. Vi prego di leggere Neo come Nio. Non sto mica parlando di Bruno Vespa. Abbiamo lasciato Neo di fronte a un monitor del sistema. E’ un tuttuno con la matrice che regola l’Universo il Mondo e tutto quanto insomma. Ha un finestrone Linux aperto sul quale vorticano a velocità siderale informazioni che solo lui è in grado di intercettare. Può rimanerci davanti quattordici ore filate. Intervallate costantemente da telefonate col seguente incipit – Io vorrei sapere…vorrei sapere chi cazzooooooo te l’ha detto di fare sta cosa. No No No. Voglio sapere a che cazzo stavi pensando – e con la seguente conclusione – sì anche io ti voglio bene, non è così grave in fondo – Un calcolatore umano che necessita di un solo boccale serale di birra per ricarburare nuovamente il giorno dopo. Altro che macchina a idrogeno. Non scherziamo. Neo è Neo. E sta lì e ci copre. Un altro di noi.

No non mi sono dimenticato della rabbia. Hai presente quando ti svegli e hai la sensazione che ti abbiano passato tutta la notte un rastrello sulle chiappe? Beh spero di aver reso l’idea. Siamo così noi.
Il mutismo mattutino del Pusher seguito dai suoi ben noti attacchi di isteria.
La calma apparente del Guru con sbottate di che che cazzo diciiii.
Le crisi di astinenza – da tutto anche da se stesso – del Ketchup.
Le bombe di solitudine dell’Eremita.
La nostalgia romana del Santo.
L’eterno brontolio di Chef in perfetta sintonia con la sua splendida pasta e fagioli.
Le antipatie a pelle del Trottola.
Il sadismo diplomatico di Dark L.
E il Dis…? Beh Dis per il solo fatto di esistere litiga anche allo specchio.

In trasferta il giramento di palle è all’ordine del giorno. Giusto un gradino più in basso dei discorsi su gnocca e problemi intestinali. Non lo dite a nessuno ma una volta ho sentito anche Jin bestemmiare. Shhhhhhhh. Acqua in bocca.
Oggi ci siamo alzati all’alba per prendere d’assalto l’Adam & Eve Hotel. E siamo abbastanza incazzati. Di brutto direi. Armati meglio di Schwarzie e su di giri come cocainomani dell'alta borghesia.

Psychokillers. Quest que cest (o come cazzo si scrive...). Fa fa fa fà fa fa fa fa fa farrrrrrr.
Cazzi tuoi Igor. Noi non siamo la cura. Siamo la malattia. Cazzi tuoi.

martedì 22 aprile 2008

Sangue e Merda e Le Piccole Cose

Oggi la banda suona i Blink 182. E il Santo ha richiesto All The Small Things e non vuole sentir ragioni.
A dir la verità non poteva scegliere pezzo più indicato. E sì perché quando senti che questo giorno potrebbe essere l’ultimo che ancora ti rimane, quando percepisci che stai camminando su una fune e qualcuno si è dimenticato di dirti che soffri di vertigini, quando pensi se puoi fidarti davvero del tuo migliore amico che ha preparato il paracadute con cui ti sei appena buttato, sì insomma quando ti ritrovi con la tua vita tra le mani e non sai bene se aprirle queste cazzo di dita e lasciarla cadere oppure chiuderle a pugno e stritolarla, allora ripensi a quello che hai fatto e forse ancora di più a quello che non hai fatto.
E sono sicuro che non te ne frega niente in quel momento di tutte quelle cose che consideravi enormi e che ti sono capitate. No no. Sono arciconvinto che quella che ti scorre davanti non è l’intera vita come se fosse un film a velocità infinita. Manco per il cazzo. Quello che rivedi sono tutti quei piccoli piccoli piccolissimi particolari che ti riempiono la vita e che ti sei dimenticato, se sei fortunato, di apprezzare. Se invece sei sfigato, e forse anche un po’ stronzo magari, capace che non li hai mai neanche notati.

Posso giocarmici le palle. Ti passano davanti tutte quelle piccole cose che danno un senso a quello che siamo. L’odore del caffè alla mattina presto. Le fette di pane con la nutella che tua madre ti preparava prima di andare a scuola. La sensazione di rilassatezza e complicità che hai nel dormire acchiucchiaiati con la persona che ami. Respirandole addosso. I cinque minuti in più solo giuro solo cinque passati sotto le coperte prima di alzarsi. Quel leggero brivido quando poi ti scopri. Le domeniche di pioggia in cui proprio non scendi nemmeno dal letto perché il mondo tanto non esiste. Roma la mattina alle sette di una giornata di festa. A piedi. Cornetto e cappuccino all’autogrill alle quattro e mezzo di notte il primo dell’anno. Il mare una sigaretta e una coperta sulla spiaggia all’alba. A settembre. I silenzi che dicono più delle parole. E uno sguardo che riempie quei silenzi. Quel sogno che ti è rimasto nel cassetto a prendere polvere perché pensavi che si potesse sporcare. I progetti fatti con qualcuno e che sono rimasti a metà. Come quadri incompleti o canzoni mai finite di scrivere.

Ci siamo tutti sulla spiaggia di Belek. E tutti guardiamo le onde e il sole che cala. Siamo armati fino al collo che il Kurdo ci ha trattato bene. E gli occhi corrono veloci sulla linea dell’orizzonte. E in questo preciso istante, in questo particolare millisecondo ognuno di noi rivede una di quelle fottutissime piccole cose.

Guru ripensa a quando quella volta poteva girarsi a guardarla e salutarla e non l’ha fatto.
Pusher ai roll giapponesi mangiati insieme alla persona più importante della sua vita.
Il Santo all’anello di cuoio che però cazzo andava proprio stretto al dito di L.
Il Trottola alla prima volta che ha visto il mignolo del pargoletto.
L’Eremita al mega sconto che è riuscito a battere a Fastweb che va una scheggia.
Dis a quella volta in cui forse dopotutto sua madre aveva ragione. Forse.
Dark L. a quanto adora quell’accento così dannatamente british.
Ketchup al rumore del ruscello della sua terra in Cile.
Chef al dromedario che si era comprato in Libia pensando fosse un cammello.

Jin non pensa a niente invece. D’altronde mica è lui che rischia le penne. Lui probabilmente se ne sta bello svaccato nella Jacuzi della sua cella dorata. Lui.

Ma noi mica lo facciamo per lui. E no cazzo. Noi lo facciamo per noi. E per quelle piccole piccole piccolissime cose che messe insieme tipo mattoncini del Tetris si incastrano fino a formare quello che siamo.

giovedì 3 aprile 2008

Sangue e Merda e Zucche

A me piacciono le zucche, non so a voi. Il colore. E le robe che ci si fanno per Halloween. Mi hanno sempre inspirato simpatia. Le zucche che diventano carrozze mi stanno invece alquanto sulle palle, ma quelle che cantano possono essere interessanti. Andate di 1979, queste sono le Smashing Zucche. E vi prego, che qualcuno confermi la teoria del Santo che Billi Corgan era il ragazzino che recitava in Super Vicky. Ti credo che si è ridotto così, quel telefilm faceva venire l’orticaria.

Noi intanto ci gettiamo in picchiata sul discesone della morte che porta verso il mare del Sud-Est. Tronfi e felici sulla nostra Ford Pumpkin. Già perché lo sportello anteriore sinistro ha cambiato colore. Ora è arancio. Esattamente da quando Pusher ha deciso che doveva pisciare e si è fatto estirpare la portiera da un leggerissimo autotreno guidato da un simpatico beone armeno. Fortuna che qua non mancano mai gli sfasciacarrozze…

Felici nonostante i nostri piccoli problemi con le rispettive chiome. Guru ci mette meno a lavarsi la testa che a scrostarsi le ascelle. Pusher produce talmente tanta forfora che ha deciso di spacciare anche quella insieme ai tocchi di fumo – pare proprio coca – sostiene orgoglioso. Il Santo era biondo. Ora non si sa come cazzo è successo ma è castano scuro. Sostiene siano gli effetti dello stress da lavoro e del buco dell’ozono. Ma a noi dopotutto e sinceramente non ce ne frega assolutamente niente. Almeno non oggi che c’è il sole. Almeno non oggi che l’ubriacone armeno di cui sopra è volato giù per un dirupo con tutto il suo fottutissimo mezzo. Almeno non fintanto che le nostre ossa rimangono aggrappate alla pelle invece che allo sterco di vacca nel tentativo di concimare qualche camposanto. Almeno non fintanto che come dice Guru – le palle non ci si seccano e gli spermatozoi si permettono ancora il lusso di nuotare alla Pietro Mennea. – Non è un patito di sport. Scusatelo.

Esatto. A noi non ce ne frega niente di niente. Non oggi che abbiamo un piano. Il piano. Suddiviso in quattro punti cardine.
Primo. Analisi dell’environment e studio di un approccio al target – Titolo1: capire dove cazzo sta esattamente Igor e di quanti scagnozzi dispone.
Secondo. Procurement dei necessari mezzi atti a confrontarsi col target – Titolo2: prendere contatto col Kurdo e mettere insieme la ferraglia per metterla nel culo agli scagnozzi di cui al punto precedente.
Terzo. Deployment del progetto tenendo in conto l’obiettivo e i risultati dell’analisi dei rischi – Titolo3: gettarsi nella mischia sperando di sopravvivere e che Dio ci aiuti soprattutto a non spararci addosso uno con l’altro.
Quarto. Collaudi col cliente in clima di massima soddisfazione da ambo le parti, accettazione e relativo pagamento magno cum gaudio. Titolo4: recuperare quello stronzo di Jin e darsela a gambe levate correndo con le spalle sempre al muro e sperando di salvare le chiappe.

Che poi, per festeggiare, anche a noi ci attende una grossa mangiata con massimo godimento. Chef sta già preparando il tutto. Ha comprato casse di cibo. E anche qualche cassa di legno per rispedirci in patria se qualcosa come probabile dovesse andare storto. Dice che non c’è problema che tanto le spese per il rimpatrio le copre l’Azienda. Forse. Li meglio mortacci loro.

E già che parlando di zucche mi sono dimenticato di citare quelle vuote. Ricordatevi che se vi ritrovate con una zucca vuota al di sopra delle spalle allora siete fortunati. Minimo minimo avete a portata di mano il posto di Amministratore Delegato di qualche azienda. A patto che abbiate Roberto Carlos che vi spari un calcio su per il culo e vi spari in orbita. E a patto che vi troviate in Italia. Mi ricordo a Borbona da piccolo quando arrivavano le giostre. La nostra favorita era guarda un po’ quella del Calcinculo. Spero ve la ricordiate. Ho la netta impressione che fosse un’invenzione del governo per formare le nuove generazioni a quella che sarebbe stata l’italietta del terzo millennio. Fanculo. Ma un giorno qualcuno le farà saltare quelle zucche. A costo di ricorrere alle pallottole. La speranza è l’ultima a morire.

Jin, testa di zucca, tu intanto aspettaci. Il tempo di recuperare un po’ di grana al Bancomat e siamo da te. Non vediamo l’ora. Porca zucchina.


venerdì 21 marzo 2008

Sangue e Merda e Riprendiamo la Via

Stasera si va di Audioslave – Be Yourself.
Per il link a youtube cercatevelo voi che in Turchia l’hanno oscurato di nuovo. Pare sia lo sport nazionale del governo locale.

Chi non muore si rivede. Il fatto è che siamo stati un po’ sotto copertura. Il rientro del Santo mi ha spinto a riprendere il racconto. O forse è questo cazzo di paesaggio lunare. Ho la certezza che il ritrovamento di Jin passi per Antalya. E per Igor, il fratello della zoccola russa. E se dici zoccola russa la parola che ci appiccichi dopo è Antalya. Almeno da queste parti.

Comunque non è ancora il momento. Perché Antalya bisogna prima raggiungerla. E per arrivarci o salti su un aereo o ti butti in macchina. Noi siamo romantici e abbiamo scelto le quattro ruote. Non prima di essere passati dal bastardo dell’Avis per convincerlo a mollarci un mezzo più decoroso. All’ennesimo dito medio dell’infame il Guru, tra la sorpresa generale, ti tira fuori 3 dildos colorati – fucsia verde pisello e azzurro carta da zucchero per la precisione – e una roba da far impallidire il dindolo di uno stallone di razza. Ora abbiamo una fiammante Ford Fiesta dotata di stereo strafico. Ci accontentiamo di poco noi cazzo. Basta un tocco di musica e siamo a posto. Noi.

Che poi Noi stavolta vuol dire Guru Santo e Pusher. Ognuno cerca di cambiare vita. Guru ha cominciato a bere, il Santo ora spaccia film da palma d’oro invece del solito pornazzo da quattro soldi. E il Pusher. Beh Pusher ha deciso di disintossicarsi. Triste eh? Ma che michia ne sapete voi. Subito lì a giudicare. Guru ha cominciato a bere sì. Sei litri di acqua al giorno. Dice che purifica. Santo è passato ai filmini amatoriali. Pare diano più soddisfazione per via del filone decisamente più neo-realista. E Pusher si sta disintossicando. Dalla mozzarella. Sostiene di essere intollerante. Allora? Fanno del loro meglio. Punto.

E insomma ci vogliamo andare a vedere il mare del sud o no? La strada Ankara Konya Antalya ha il suo fascino. Di giorno. Di notte ti aspetti che sbuchi da un momento all’altro la controfigura turca di Rutger Hauer o, alternativamente, che ti piombi sul cruscotto un autotreno sparato a centottanta chilometri orari. E io preferirei, non so perché, la seconda ipotesi. Forse perché non amo il sesso anale, soprattutto se praticato sul mio lunotto posteriore.
Il tratto Konya Antalya è uno spettacolo. Si sale in alta montagna e poi giù in picchiata verso l’acqua salata. La parte Ankara Konya invece fa cagare. Konya fa cagare. Infatti nei bei tempi andati indovinate che contingente c’era? Ma va? Quello italiano. Che cazzoni che siamo.

Il tempo di percorrenza dipende da chi ci mette sul sedile di sinistra. Un guidatore standard ci mette diciamo sette ore. Il Santo 7 ore e 10 minuti. Guru 7 e 20 con almeno un paio di sorpassi mortali. Jin 4 e 30 se trova traffico. Il Pusher non meno di 12 ore. E stavolta ha deciso di guidare lui. Partenza alle 18. Alle tre di notte siamo ancora spersi sui picchi innevati dell’Anatolia sud-orientale. Fortuna si viaggia sempre con tenda al seguito e sacco a pelo.

Dopo una sosta per comprare more dai ragazzini presenti lungo la strada a qualsiasi ora del giorno e della notte e consci del fatto che domani ce ne pentiremo di brutto, prendiamo possesso di una piazzola di sosta vista lago alpino. Con tanto di luna in versione riflettori da stadio.
Si cena con fagioli e tonno in scatola e more per dessert. Mi viene da correre al cesso solamente al ricordo. Poi immancabile sfida di triathlon. Gara di getto del piscio. A chi arriva più lontano. A seguire sfida al paroliere. Vince chi pronuncia più parole durante un unico e prolungato rutto. Si chiude col mettere alla prova l’olfatto. Chi la fa più puzzolente e persistente, modello artiglio di tigre, si aggiudica l’ultimo parziale.

Siamo stanchi e stressati. Ci straccia il quarto incomodo. Un camionista turco che ha particolarmente apprezzato il fagiolo nostrano. Però sei dei nostri Suleyman. Non c’è che dire.

Finiamo sbracati a contare le stelle. E cazzo se ci sentiamo in pace con il mondo.
E cazzo se sono me stesso.
E voi?

giovedì 7 febbraio 2008

I Lettori Ci Danno Dentro 1

C'è chi sostiene di averlo trovato a Roma...
Guardate bene che era pure in offerta!
Se c'è la goccia è decisamente Jin...

mercoledì 23 gennaio 2008

Sangue e Merda e Non Va Mica Bene

Okay ci sono. Più o meno sono vivo. Cioè insomma respiro mangio urino con una certa normalità. Ho ancora i capelli e la cosa mi sorprende. Soprattutto perché l’esperto in pelate che consultai ai bei tempi – avevo tipo ventidue anni e i capelli fino al culo – mi gelò il sangue sentenziando che mi sarebbe caduto tutto, probabilmente anche il pisello, prima di raggiungere i trenta. Fottiti.

Sono vivo dicevo e mi conforta la profonda convinzione che la Turchia mi ama dal profondo.
L’ho capito subito appena salito sull’aereo che mi avrebbe riportato da queste parti. La simpatica hostess, zoccola che non sei altro, mi aveva riservato un posto da re. Di quelli centrali. Con alla sinistra una specie di armadio Ikea montato male e con una panza degna di uno Spaghetti Western. E alla destra una cariatide in fin di vita che sputazzava bacilli anche da sotto le ascelle. Non contento della simpatica sistemazione logistica il Dio di qualcuno non certo il mio ha fatto sì che ballassimo la rumba per circa venti minuti prima dell’atterraggio. Ma cazzo, possibile che gli aeroporti li costruiscono sempre nei posti più sfigati e meno adatti a svolgere la loro funzione? Qui hanno pensato bene di metterlo in un bel vallone dove a) o c’è la nebbia che i milanesi se la sognano o b) c’è un vento che sconsiglia l’uso di qualsiasi parrucchino o c) ti ritrovi con una metrata di neve mentre in città vanno in giro coi bermuda oppure ancora d) si concretizzano i casi a, b e c tutti insieme. In compenso un aeroporto di merda come Malpensa siamo riusciti a costruirlo solamente noi. Ha i colori che si usavano negli ospedali anni settanta, probabilmente materiale di riciclo. Fateci caso e poi mi dite.

Tornando a noi, anzi a me per la precisione, ammetto candidamente che la prima settimana qua mi sono letteralmente smontato pezzo per pezzo tipo Playmobil. Probabilmente l’odio per il mio lavoro e la nausea che mi provoca hanno fatto sì che il mio fisico preferisse alzare bandiera bianca.

Ha cominciato con simpatico mal di testa e pesantezza di gambe, per continuare con in brevissima sequenza raffreddore di quelli che pensi prima o poi di perdere il naso, tosse catarrosa con espettoramento di pezzi di polmone rigorosamente fumo di Londra, febbre da cavallo con relativo ricorso alle lattine del frigobar da mettere sulla fronte nel tentativo di non avere le solite visioni. Da bambino pare che già a 38 cominciassi a parlare strane lingue. E guardate che non è facile far stare in equilibrio una lattina sulla testa. E poi la ciliegina sulla torta. Un cazzo di mal di denti di quelli che rimani sveglio fino alle 7 del mattino in preda a crisi di pianto e a pensieri autolesionisti del tipo ora me lo strappo via da solo. Di quelli che ti addormenti per quindici minuti e che ti risvegli sperando che il dolore sia dovuto a un energumeno che sta abusando del tuo sacro posteriore. E allora ti rivolgi a un sorridente turk-dentista. Che ti dice – ah sei italiano? – e nel frattempo triplica l’onorario. E alla fine sentenzia che hai un’infezione che ti sta risalendo su per il naso e che se non vuoi che ti arrivi al cervello e te lo bruci hai da toglierti un dente. E giù con antidolorifici e antibiotici. Tanto c’è il Santo che è il nostro farmacista di fiducia.

E poi ti arriva una telefonata che ti fa capire quanto sei stronzo a lamentarti come un ragazzino piagnucoloso. Una telefonata da una di quelle persone che si meritano il tuo perenne rispetto. Una merda di telefonata che ti dice che un collega a cui volevi un bene dell’anima – e come non volergliene? – non c’è più. E ripensi a quando in una calda notte a Mestre ti aveva portato in un baretto di un paio di amici suoi a scroccare una mezza litrata di birra e due fette di cocomero. E a raccontare cazzate in rigoroso dialetto. In veneto loro. In romanaccio noi. Io mi ti ricordo così Zio Pì.

Stasera niente colonna sonora. Mettete voi quello che vi piace di più.

giovedì 10 gennaio 2008

Sangue e Merda e E' Natale!

Colonna sonora: eddaje clicca da qualche parte!

Ma solo io trovo che il Natale sia inverosimilmente triste? Ditemi di no. Fatevi sentire vicini. Beh non troppo e soprattutto niente puzzette che già mi basto da solo.

Voglio dire, rientrare dall’estero sotto il periodo di Santa Klaus è al limite del ricovero in stanza bianca con pareti di gomma. Primo perché ti ritrovi in vacanza e non sai esattamente che significato abbia questo fantastico vocabolo. Consulti il dizionario ma ti rendi conto che qualcuno ha versato proprio sopra quella pagina una mezza litrata di caffè. Secondo perché devi correre come un disperato a comprare i regali. E ti ritrovi in mezzo a una marmellata di stronzi in giro con la macchina. Terzo perché ti si prospetta almeno una tre giorni di abbuffate senza senso al grido di Figghiuzzo Mio Come Ti Sei Deperito e Nipotuzzo Mio Assaggia Ste Olive…So Ascolane. Ma non erano greche? Vabbè soprassediamo.

Quasi quasi hai nostalgia del cliente e del suo inquietante e minaccioso strap-on col quale tutte le mattine ti ricorda che sei in penale da almeno un paio di secoli. Quasi quasi hai nostalgia pure di Jin…oddio no non esageriamo. Che con lui sì che sono Bitter Cats.

Cosa c’è di meglio quindi che frullarsi nel più vicino Centro Commerciale? Che nel caso mio vuol dire Roma, Roma Nord, Raccordo Anulare dalle parti di Bufalotta. Alle Porte di Roma. Con le lacrime agli occhi imbocchi l’ingresso verso il parcheggio armato di santa santissima pazienza. Superate le sbarre e dopo circa sei chilometri di curvoni finalmente capisci come arrivare al posteggio sotterraneo. Con gradita sorpresa. E non scherzo. Sono stato mezz’ora estasiato a guardare le lucine verdi e rosse che ti indicano quali posti sono pieni e quali vuoti. Altri quindici minuti a fare avanti e indietro col mio possente mezzo per verificare che la luce effettivamente cambiasse di colore. Premio Nobel cazzo. Peccato che la cosa distrae parecchio. E non ti rendi conto che i numeri sulle colonne non servono per giocare alla battaglia navale. E che questa leggerissima disattenzione ti costerà l’attesa fino a mezzanotte nella speranza di ritrovare l’automezzo bastardo una volta che anche il custode se ne sarà andato a casa. Ho visto qualche genio infatti andarci col camper (giuro!) pensando così di non perderselo e pretendendo di riuscire a farlo entrare da qualche parte. Su per il culo no eh?

Dopo sedici rampe di scale a volte mobili e con uno sbalzo climatico di sessanta gradi centigradi ti ritrovi nella caciara più clamorosa. Mamme con neonati di due giorni a passeggio. Eh già, non vogliamo mica rischiare che il piccolo rimanga sano…Padri con carrozzelle corazzate. Adolescenti brufolosi con skateboard. Adolescenti brufolose con monopattino. Che fantastico acquisto quella corda di acciaio che ho lasciato legata e tesa a altezza collo su al secondo piano. Che gratificanti schizzi di sangue.

Ovviamente di regali decenti nemmeno l’ombra se si eccettua il Nabacoso, coniglio wifi parlante (ce l'ha lei!). Potenzialmente inutile ma è un must. A proposito, ma dove cazzo sta l’I-Phone? Ditemi che era terminato…no eh? Possibile che non si riesca a comprare un oggetto che non sarà gettato o riciclato immediatamente da chi lo riceve? Fortuna che, mentre lanciavo lo skateboard di uno dei decapitati sotto i piedini di tre nonnette a spasso, ho buttato un occhio sulla mia ancora di salvezza. Una libreria. Le nonnine per inciso le hanno ritrovate dentro uno dei cessi in esposizione da Ikea. A mia discolpa va detto che non volevo ammazzarle, ma solo farle divertire un po’. Credo siano schiattate ringraziandomi per quel momento così esaltante.
Dicevo della libreria. O almeno così c’era scritto di fuori, salvo che la commessa alla mia domanda dove cazzo avete nascosto i libri? ha risposto Scusi quali libri? Mica ci avrà preso per un posto dove vendiamo robaccia così inutile no? Non fosse mai. Prosit. E vaffanculo.

E ti ritrovi a pensare che dopotutto fra tre giorni ti sveglierai e Babbo Natale ti avrà lasciato un sacco di roba sotto l’albero (cazzo sono riuscito a ficcarci un futuro anteriore…o posteriore non l’ho mai ben capito). Come dite? Come sarebbe a dire che sono grande e grosso e credo ancora a Babbo Natale? Non scherziamo cazzo. Le favole sono l’ultima cosa che ci è rimasta.

Non c’è nessun motivo per essere così crudeli. Babbo Natale esiste e basta, altrimenti a che cazzo servirebbero i camini e le relative cappe? Non c’è nessun motivo per fare i bastardi. Non c’è davvero nessun motivo. Ain’t no Reason come dice Brett con la sua voce un po’ dylaniana.

Spero abbiate passate buone feste. Non vorrete farmi credere che non vi siete ritrovati con la sciolta subito dopo Santo Stefano. Dite mai stati meglio? Allora anche voi credete alle favole dopotutto…

martedì 8 gennaio 2008

Sangue e Merda e Il Rimpatrio

Colonna sonora odierna: Closer di Joshua Radin (che RADIN ci sta tutto, non è vero cari colleghi? Mi scusino i non addetti ai lavori…)

Tra un cazzeggio e l’altro arriva sempre il momento del ritorno a casa. Non fosse altro che molti di noi sono arrivati ormai prossimi ai limiti concessi dalle turk-leggi in materia di soggiorno in Anatolia. A me la doganiera ha tirato uno sguardo bovino chiedendomi di trovarle il timbro di ingresso. Con la massima calma, mi ero preparato per bene in albergo, le ho mostrato tronfio quel che cercava (no, non mi riferisco allo stuzzicadenti che vive nelle mie mutande, maligni…). Lei mi ha tirato uno sguardo allarmato, ha cacciato da sotto il bancone un pallottoliere e dopo sei minuti di conta che ti riconta ha deciso che ero ancora in regola. Il che non mi ha assolto però da un’accurata ispezione anale senza lubrificante. Che belle sensazioni. Venite venite, forza venite gente!

Da bravo gregge stile nipponico ci siamo ritrovati tutti in aeroporto. Con Guru in testa armato di ombrellino aziendale a guidare le pecorelle smarrite.
La sorpresa l’abbiamo avuta una volta superati brillantemente, in soli quarantotto minuti, i controlli al metal detector.
Trottola – Ahò regà ma quello nun è Jin?
Santo – Ma dove? Dove?
Trottola – Quello là tutto nudo che se sta a rivestì…Jiiiiiiiin sei tu?
Jin – Ragazzi! Dio come sono felice di rivedervi, vi ho tutti nel cuore, veramente!
Pusher – Minchia guardate quant’è grosso il Duty Freeeeeeeee
Coro – Jin chittesencula!!! Assalto al Duty, carica!

In quaranta minuti di shopping selvaggio il risultato è stato il fondamentale acquisto di dodici pacchi di caramelle, diciotto stecche di sigarette varie, una palla di quelle che le capovolgi e scende la neve con una raffigurazione del Partenone dentro (!), due torce a energia solare (qualcuno mi aiuti a capire…ma le torce non le si usa al buio? Vabbè mi sfugge qualcosa come sempre), quindici litri di liquori vari che non arriveranno mai a destinazione, tre numeri di cellulare di altrettante commesse, un barbagianni imbalsamato, un pastore maremmano vero che Guru si è rotto le palle di farci da guardiano, l’ultima introvabile riproduzione del Tango che tanto amavamo calciare da bambini e otto scopettoni per giocare a curling. Come birillone che si lancia abbiamo invece optato per Jin. E’ stato divertente picchiarlo selvaggiamente. Tra una scopettata e l’altra ci ha spiegato che i suoi rapitori gli hanno concesso il ritorno a casa per le festività natalizie. Gli ha però dovuto lasciare in pegno quanto di più caro ha. Cioè il suo set di dodici perizoma, in particolare quello tigrato testimone di una delle sue poche esperienze sessuali. Al ritorno dovrà presentarsi e riconsegnarsi volontariamente ai suoi carcerieri pena l’incenerimento dei preziosi capi. La cosa toccante è che sembra aver gradito le mazzate profuse dai suoi cari carissimi amici-colleghi.

Comunque dopo un volo in tutta tranquillità durante il quale abbiamo russato tutti senza ritegno, siamo atterrati in quel di Monaco di Baviera. Dove come sempre succede abbiamo incontrato altri dodici gruppi di colleghi trasfertisti provenienti dai paesi più disparati. E’ una specie di rito. In qualunque aeroporto del mondo ci si trova abbiamo sempre la certezza di trovare qualche altro sfigato come noi. Con il quale, manco a dirlo, parlare di argomenti nuovi. C’è bisogno che ve lo dica? Su su, tutti insieme. Gridiamolo al mondo. Sangue e Merda.
O magari Merda e basta.

Immaginatevi questo gruppone di loschi figuri mentre la cinepresa scarrella verso l’alto. Sempre più in alto. Sempre più su. E loro sempre più piccoli e sempre più vicini. Fino a poche ore prima a anni luce di distanza. Ora vicini vicini. Pronti al rimpatrio.

Che romaticone. Riascoltatevi Closer.

mercoledì 2 gennaio 2008

Sangue e Merda e La Seduta Spiritica

Ho deciso di mettere prima i riferimenti musicali. D’ora in poi li piazzo all’inizio. E siete pregati di ascoltare quello che consiglio mentre leggete. Dai su, fatemelo per favore. Perché mi volete bene. Perché mi odiate. Insomma fatelo. Vi voglio bene.

Oggi per la truppa è previsto Morrissey con la sua Oui-ja Board. Mi pare appropriata. E poi gli Smiths e Morrissey mi sono sempre piaciuti.

Noi per Jin ci stiamo dando dentro come matti. Le proviamo tutte. Non ultima anche una seduta spiritica nel tentativo di contattare il suo mito di sempre. John Holmes. Ci configuriamo come al solito al meglio intorno alla Ouija board. Sì lo so, il nome è evocativo. Ma non fatevi abbindolare, fateci caso, non è altro che l’unione di Oui e Ja ossia, visto che siete delle zappe nelle lingue, sì in francese e tedesco. Potevano impegnarsi a inventare qualcosa di meglio per 49.99€, mortacci loro. Comunque Pusher è lo sciamano che pilota la tavoletta e non potrebbe essere altrimenti visto che come sempre è fattissimo e ha le visioni. Guru alla sua destra è El Domandero. Insomma quello che interroga gli spiriti. Ketchup alla sinistra invece è l’artefice degli effetti speciali. Da ubriaco riesce a ruttare ventriloquiando, il che fa molto ambient. E le sue loffe oltre che pestilenziali hanno una consistenza fisica incredibile. Meglio del ghiaccio secco per fare il fumo. Chiudono il giro il Santo, Dis Trottola e Dark L. Il Santo ovviamente nelle parti dell’Esorciccio, a proteggerci dalle presenze negative. E infatti ha subito spedito Dis nell’angolo più lontano della stanza, girato di spalle. Ci manca solo che cominci a litigare con qualche ectoplasma del cazzo. Trottola è il nostro Guerriero della Luce. Potenza fisica allo stato puro. Per l’occasione è addobbato con un elmetto da vichingo con tanto di corna. E con la spada laser di Obi-Wan Kenobi. Dark L funge da Esca. Che se no col ciufolo che Holmes si degna di risponderci. Ovviamente l’abbiamo costretta a presiedere alla seduta in lingerie. Maschi Sciovinisti.

Il luogo non poteva che essere casa di Dark L. Dove praticamente abbiamo oramai la residenza. Ci abbiamo piantato anche una tenda. In salotto. Lei sembra apprezzare la plebe, la prende un po’ come una redenzione per i peccati delle sue vite passate. Sarà. Contenta lei.

Comunque il Pusher è un medium da paura. Il primo contatto è degno di Carramba che sorpresa.
Guru – Noi ti evochiamo O Re del Porno. Dacci un segno se ci sei
Santo – O Signore, questa brucia le narici. Non riesco a respirare!
Ketchup – Oups, sorry. Mi è proprio sfuggita. E’ una delle mie puzzette senza controllo. Tranquilli, trenta secondi e passa tutto
Dark L – Ma è vancida, sei un bastavdo
Pusher Posseduto – Eccomi a voi, mortali. Sono Ugo Tognazzi, niente autografi per favore che ho dimenticato la penna
GuruTognazzi??? Ma sei ancora vivo tu, o no? E scusa ma noi cercavamo John
Pusher Posseduto – No che non sono vivo. Probabilmente hai visto quello smidollato di mio figlio. Io sono quello de “Il Petomane”. Con l’aria che si respira qua non potete certo lamentarvi se mi sono manifestato io
Trottola – Cazzo er mi film preferito!
Guru – Beh visto che si sei a sto punto facciamoci due chiacchiere, tanto per prendere il ritmo
Pusher Posseduto – Visto che il vostro argomento principale è la cacca, allora ve la faccio io una domanda. Avete mai provato a dare fuoco alle scoregge?
Dis – Roba da dilettanti Ugo. Roba vecchia. Da poppanti. Impegnati un po’ di più o la finiamo subito
Trottola – Io na domanda ce l’avrei. Direi che è abbastanza filosofica. Secondo voi è possibile scureggià e ruttà allo stesso tempo? Cioè farlo contemporaneamente. Nello stesso istante.
Guru – Ossia nello stesso nanosecondo. All’unisono insomma. Bel quesito
Pusher Posseduto – Cazzo se siete forti. Qua nell’aldilà è la domanda che va per la maggiore ultimamente. In effetti un parere dei mortali può portare un certo qual contributo
Ketchup – Secondo me non si può fare, è un po’ che ci provo ma niente. Credo dipenda dal fatto che ruttando l’aria sale, scoreggiando scende. Insomma non si riesce a mettere insieme le due cose. Non sono riuscito a scendere sotto al secondo tra una cosa e l’altra.
Dis – Guardate che è proprio impossibile. Intendo dire fisicamente impossibile. Le leggi dell’Universo lo vietano. Si rischia di creare un buco nero che implode su se stesso
Pusher Posseduto – Spiegati meglio che mi sfugge qualcosa
Dis – Voglio dire. Dentro di noi abbiamo dell’aria giusto? Bene. Come dice Ketchup ruttando quest’aria salirebbe. Scoreggiando scenderebbe. Facendo tutte e due le cose insieme si verrebbe a formare un vuoto d’aria impressionante. Una mancanza di materia totale. Il che secondo me produrrebbe un buco nero infinitesimale
Santo – E quindi la persona verrebbe risucchiata dal buco nero che lui stesso ha creato. Il che pone due questioni. Primo che fine farebbe sto tizio? Secondo se è anche è possibile creare questo evento, come minchia si fa a provarlo, anche lo strumento di misura sparirebbe
Pusher Posseduto – Però qua da noi non ci sono anime che ricordano di essere morte in quel modo.
Dark L – Questo non vuol dive niente. Potvebbero non ricordvsene. Magavi avviene tutto tvoppo in fvetta. Oppuve… Oppuve in vealtà il buco nevo ti fa spovstave in un Univevso pavallelo
Pusher Posseduto – Potrebbe essere. Qualche anima sostiene di aver vissuto in due realtà leggermente differenti. Le abbiamo fatte internare. Ma vale la pena indagare in questo senso. Devo parlarne con Buddha
Trottola Buddha? Stai a scherzà vè? Vorresti dì che…
Pusher Posseduto – Lo scoprirete. Non vi rovino la sorpresa
Guru – Ok Ugo. Visto che fai il reticente direi che ti puoi togliere dalle palle che noi abbiamo cose serie di cui discutere con John
Pusher Posseduto – Va bene va bene, ma prima fatemi sentire di nuovo quell’olezzo idilliaco. Qui è tutto così pulito, così bianco
Santo – Daje Ketchup. Pensaci tu. Fallo felice
Ketchup – Se proprio insistete. Dis, dammi una mano a massacrare sto ectoplasma sadomaso
Dis – Volentieri…

Due minuti di coma di gruppo. Poi ci si riprova.

Guru – Bene ciurma. Diamoci sotto di nuovo. John. John Holmes. Noi ti evochiamo. E considera che qua abbiamo una pollastrella seminuda pronta per te. A fine seduta, se fai il bravo, te la leghiamo al tavolo e ti facciamo trastullare per venti minuti
Pusher Posseduto – Ola amigos. Sono io sono io. Dov’è la squinzia?
Guru – Ciccio rinfodera il cannone. Che prima ci devi aiutare a capire dove cazzo hanno portato Jin
Pusher Posseduto – Ma Jin chi?
Trottola – Cazzo nun me dì che nun conosci er Ginecologo, te venera ogni notte prima de annà a dormì!
Pusher Posseduto – Come no! Il Ginecologo. Chiamatelo col suo vero nome cazzo, no? Se in vita avessi avuto metà della sua voglia di gnocca invece che diecimila me ne sarei fatte almeno il doppio. Oh, comunque detto fra noi, secondo me è un po’ finocchio. Sculetta meglio di una velina.
Santo – Uè Rambo guarda che Jin possiamo insultarlo solamente noi. Vedi di farla finita. Hai notizie di dove lo tengono sì o no?
Pusher Posseduto – Assolutamente no. Mica sono il suo angelo custode. Mi fate scopare adesso?
Dark L – Ma vaffanculo, covnuto impotente. Tvottola pev covtesia, pensaci tu
Trottola – Nun vedevo l’ora, mia Ginevra

I due si affrontano in duello. Trottola, con in dotazione la spada laser in una mano e la Katana di Kill Bill nell’altra, e John Holmes che brandisce il batacchio di trenta centimetri coadiuvato dalle sue due bolas modello pallone dei mondiali di calcio. Dopo trenta secondi di studio con affondi e parate è John a tentare il colpo fatale. Evita il fendente di spada laser e si libra a due metri dal suolo per puntare dritto alla gola del Trottola. Che però ha nel suo repertorio un colpo di testa che lo mette allo stesso livello di Van Basten e del suo glorioso gol al Real Madrid. E soprattutto ha dalla sua l’elmo da vichingo. Con le sue due valorose corna. Le bolas infilzate di John mi fanno tornare in mente i valorosi SuperTele e SuperSantos, soprattutto quando si schiantavano sull’immancabile filo spinato. Da piccolo pensavo che il mondo fosse circondato dal filo spinato. Era dappertutto. Comunque il pfffffffffffffffffff emesso dai gemelli di John mi riporta ai tristi tempi dei palloni bucati. E il taglio netto del batacchio, Trottola meglio di Luke Skywalker, mi fa ripensare a mia nonna quando affettava le melanzane per preparare la parmigiana. Mi è venuta pure fame, a voi no?

Dark L – gvazie di cuove tvottolino amoroso
Trottola – Nun c’è de che baby
Pusher – Miiiitico! Ho il pisello di trenta centimetri. Che goduria!
Guru – Push mi rincresce darti la brutta notizia ma l’effetto è passeggero. Presto tornerai ai tuoi usuali nove centimetri di mascolinità
Pusher – Bruuuutto… Vabbè comunque. Mi pare di capire che la seduta è stata totalmente inutile, a parte la disquisizione sui buchi neri. Però mentre ero in trance ho ripensato a Svetlana. Ve la ricordate sì? Svetlana, la zoccola russa a cui abbiamo chiesto di fingersi turca e che abbiamo pagato per farsi una sveltina con Jin. E che ci ha chiesto il doppio della tariffa, puttana infame.
Dis – E quindi?
Pusher – Si dà il caso che Svetlana abbia un fratello. Igor. Uno dei caporioni della mafia russa in Turchia. Oltre che irrecuperabile recchione. Dovremmo cercare in quella direzione. O almeno così la pensa Stalin, col quale ho fatto due chiacchiere mentre voi cazzeggiavate con Ugo.
Guru – Cazzo Stalin! Facciamoci un altro giro con la Oui-Ja che ho voglia di parlare con Ataturk. Vi prego vi prego vi prego…
Pusher – D’accordo d’accordo. Vi concedo un personaggio ciascuno. Ma prima brutti bastardi mi ridate i soldi che ho anticipato per Svetlana. Cazzo, quattrocento pleuri ha voluto
Coro – Bagascia!
Ketchup – Ariiiiiiiingaaaaa!

No. Il rutto all’essenza di aringa in luogo chiuso no. E’ troppo.

Cala il sipario per oggi. Chiamate un’ambulanza. E ditegli di dotarsi di equipaggiamento da guerra batteriologica. Anzi, chiamate direttamente l’esercito.

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