Ci sono momenti strani. Momenti in cui ti ritrovi a pensare a cose che non c’entrano niente con la situazione contingente. Che ne so. Un attacco di riso isterico al funerale del padre del tuo più caro amico. Che ora non ti parla più. Chissà perché. Un attacco di pianto sempre molto isterico dopo un orgasmo cosmico. Un’innocente dichiarazione – Dio stasera ho una voglia pazzesca di pizza con peperoni e ananas, tu come la vedi? – proprio un attimo dopo che il tuo secondo migliore amico, ora primo dato che quell’altro ancora non ti rivolge verbo, ti ha confessato che ha capito di essere gay ma non sa come dirlo alla moglie. Ha paura che lei possa prenderla male. Chissà perché.
Beh a me è successo così. Prima l’immagine del pony di Dis che procede solitario. Poi quella di Pusher a terra con un buco nella spalla e che urla – stronzi stronzi stronzi mi ci dovevo fare un tatuaggio in quel punto. E l’incrocio di sguardi degli altri sette. E subito ti colpisce il fatto che sette per sette fa indelebilmente quarantanove. Quarantanove gatti in fila per quattro. Quattro. Non era la quarta serie di Scrubs quella in cui c’era quella canzone? Quella là. Mat Kearney e Where we gonna go from here. Ecco.
E ti colpisce dritto in fronte. Proprio in mezzo agli occhi. L’assoluta certezza che no non lo sai per niente dove cazzo stai andando. Del tipo in macchina in autostrada con un bel po’ di nebbia. E quella sensazione penetrante che hai voglia di prendere la prossima uscita. Che devi. E nel momento in cui lo pensi ti accorgi di averla già superata. Sarà la prossima…forse.
Ma che cristo sto facendo? E ti rendi conto che qualcuno ti ha messo in mano una bella vanga verde e ti ha detto di cominciare a scavare. Che tanto prima o poi al fondo ci arrivi. Sì vabbè ma quando? Non sarà mica come la storia del tizio che si butta dal ventesimo piano? E che a ogni cazzo di piano ripete a sè stesso Fin Qui Tutto Bene. E il problema non è nemmeno l’atterraggio. Che se il destino ha deciso che lui debba cadere proprio nel punto in cui io sto scavando ci sta pure che io continui a scavare. E lui a volare. E allora mi sarebbe convenuto buttarmi. Che almeno avrei faticato di meno.
Sono quei momenti in cui decreti con cognizione di causa che Matrix non è una cazzata. Perché pure tu vedi tutto al rallentatore. Oddio magari gli psicofarmaci che prendi con quotidiana costanza ci sta pure che abbiano qualche controindicazione. Ma insomma niente di grave. Tanto io continuo a scavare. E quello stronzo là sopra non si decide a smettere di volare.
E Igor commette l’errore di guardarti fisso negli occhi.
E capisce che ha già perso.
Perché tu non hai niente assolutamente più niente da perdere.
1 commento:
se smetti di scavare l'altro smette di volare... è un dato di fatto
E non è una battuta
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