Ricevuto premio dalla simpatica fuori di testa e talentuosa LauraS. Il premio si configura come una specie di catena di Santantonio (arghhh), ma mi fa piacere riceverlo visto che tra i blog citati da LauraS. quello del sottoscritto è uno dei pochi che non sia di disegnatori. Ergo il mio ego si è gonfiato e quindi tocca che mi do da fare.
Il premio ha delle regole e sono queste:
1) Dovete prendere questo premio e postarlo, a patto che diciate pubblicamente 10 (e non di più) cose di voi più o meno note, purchè siano assolutamente vere. Che cosa scriverete, sono affari vostri. Potete scrivere ciò che vi pare. Ma deve essere vero.
2) Dovete assegnare (Se volete...) a 10 blogger lo stesso premio, avvisandoli anche con un commento breve sul loro blog, che sono stati premiati e dovete dire loro queste regole.
Vediamo di raccontare le mie 10 "cose".
1) Sono tifoso della Roma, un lupacchiotto insomma.
2) Cose che mi rilassano: dita nel naso, escavazio, appallottolazio, gettazio del caccolone verde.
3) Cose che mi rilassano: ruttare e scoreggiare. Riducono la pressione interna.
4) Sono normodotato.
5) Mi distraggo facilmente quando gli altri parlano e in generale non riesco a fare più di una cosa allo stesso momento.
6) Faccio aquagym insieme a un gruppo di nonne inviperite.
7) In generale nella vita, in mezzo agli altri, non so mai che cosa cazzo dire. Normalmente infatti sto zitto e non perchè sia un tipo riflessivo. No no, lo ripeto, non ho proprio un cazzo da dire.
8) Quando dormo ho bisogno di respirare, quindi mi piazzo sempre sull'orlo del letto. Mi girano i coglioni se qualcuno mi mette le mani alla gola. Credo di essere morto impiccato in una vita passata.
9) Nell'80% dei casi odio lavorare con le donne.
10) A volte penso di avere i sentimenti con la sordina. Come se niente potesse farmi emozionare. In realtà credo, o spero, che non sia vero. Probabilmente è una paura, non so.
E ora mi accingo a passare la palla ai miei bloggamici (in ordine di come li ritrovo sul blogroll)
1) La Sid
2) Fata
3) SIG
4) Mea
5) CoB
6) Sapo
7) Lindalov
8) Qekue
9) Vale
10) Chiara e lo Splendido
11) angolonero
E olè.
Così mi odierete tutti e 11 (anzi 12).
Besos
Avvertenze per i lettori - siamo nella merda quindi vi prego muovetevi poco... non fate l'onda
domenica 30 agosto 2009
venerdì 28 agosto 2009
TV & Cinema 8 - Ammazza che boiata
Mica me lo ricordavo. O magari capace che avevo avuto così culo da non vederlo prima.
Sinceramente non lo so.
Han dato The Abyss in televisione. Vecchio film, ho sempre pensato che potesse essere interessante. Sì, per stimolarvi durante un periodo di intensa stitichezza.
Il massimo è il tizio che si cala a seimilioni di metri sott'acqua. e già non si capisce come faccia a non schiattare, ma la cosa divertente è che ci va per disinnescare una testata atomica.
Ma lasciarla lì no? Il valore aggiunto di questa impresa quale sarebbe?
E poi ci mettono l'esserone che non si sa cosa sia ma che ti mostra una specie di manina con le dita.
Cazzo cazzo cazzo che marmellata di stronzate condensate in un centinaio di minuti.
Voto: dolori de panza.
Sinceramente non lo so.
Han dato The Abyss in televisione. Vecchio film, ho sempre pensato che potesse essere interessante. Sì, per stimolarvi durante un periodo di intensa stitichezza.
Il massimo è il tizio che si cala a seimilioni di metri sott'acqua. e già non si capisce come faccia a non schiattare, ma la cosa divertente è che ci va per disinnescare una testata atomica.
Ma lasciarla lì no? Il valore aggiunto di questa impresa quale sarebbe?
E poi ci mettono l'esserone che non si sa cosa sia ma che ti mostra una specie di manina con le dita.
Cazzo cazzo cazzo che marmellata di stronzate condensate in un centinaio di minuti.
Voto: dolori de panza.
mercoledì 26 agosto 2009
Vojo fa' outing 8 - La vroom del humm ha un pfff nella guumm
Ecco. Qualcuno faceva notare che quando parto, sul trenino verso il Da Vinci o all'aeroporto stesso, mi imbatto sempre in tette mirabolanti che fanno gridare all'ottava meraviglia del mondo.
Ecco. Mica sempre succede sta cosa.
Per esempio l'altra volta ero al settimo minuto di viaggio, su circa cinquanta totali di treno da Fiumicino a Stazione Nomentana più altri quindici di camminata, insomma ero lì e mi si sono aperte le acque. Mi è scesa un'esigenza di cagare che non vi sto a spiegare. Insopportabile. Come avere un cric che ti si allarga tra le chiappe. Sudore, tanto sudore. Con quel caldo poi, meno male che di domenica verso le 19 non c'era quasi nessuno a bordo. Arrivato a casa e fatto in modo di diminuire drasticamente la pressione anale, ho immediatamente chiamato mia moglie per vantarmi della stoica resistenza. In un perfetto inglese le spiegavo che il suo maritino, il sottoscritto, aveva assolutamente bisogno di cambiare culo perchè quello attuale si era irrimediabilmente bucato. Pfffffff. Così le ho detto. E non ha nemmeno chiesto il divorzio. La forza dellammòre.
E lei ha piazzato la domanda che non ti aspetti. Ma come hai fatto a resistere per i restanti cinquantotto minuti? Ehm come dire. Ognuno ha i suoi tatticismi di sopravvivenza. Per non cagarsi addosso in quei frangenti è necessario ridurre la spinta dall'interno verso l'esterno. Lo stronzo va palleggiato, messo di lato, va lasciato spazio al gas di seguire la sua via. Di liberarsi. Di espandersi. Per ogni micro-scoreggia si riescono a ottenere financo cinque o sei minuti di pace.
Poco prima di scendere ho quindi mollato le quattro scariche che mi avrebbero permesso di raggiungere casa. Mi sono guardato alle spalle, ho visto che non c'era nessuno e ho sganciato delle robe che lì per lì mi sono parse innocue. Poi mi sono parse preoccupanti. Molto preoccupanti. Rancide a andate a male sopraggiungerei. Ma che soddisfazione però. Ho letto poi che il lunedì su quella linea la gente se ne andava in giro con maschere antigas. Durature e persistenti per giunta.
Comunque, nell'attimo in cui si aprivano le porte io sulle note di Indietro di Tiziano Ferro (tanto io i testi suoi non li capisco, per me potrebbe anche parlare di petomania, non so) intonavo il canto
oh oh oh oh ohohoh (guardandomi alle spalle e con fare imbarazzato)
io voglio regalarti la mia scìa
chiedo tu sniffi tutta la mia scìa ora
ti do questa notizia in conclusione
ho i boxer un po' chiazzati di marrone vedi
e so che serve tempo non la tengo...
Vi invito assolutamente a cantarla insieme. Vi voglio tanto bene.
La versione inglese con l'inciso che fa "Vinceeeenzo" è un must...
In effetti ora che ci penso qualcuno faceva anche notare che ho sempre degli sconquassi intestinali. Magari potrei cominciare una nuova serie ma invece di Sangue e Merda potrei chiamarla Tette e Loffe.
PS - cercando loffe su google il primo risultato che mi è uscito è questo. La mia patatina fa le loffe. Porco cazzo.
Ecco. Mica sempre succede sta cosa.
Per esempio l'altra volta ero al settimo minuto di viaggio, su circa cinquanta totali di treno da Fiumicino a Stazione Nomentana più altri quindici di camminata, insomma ero lì e mi si sono aperte le acque. Mi è scesa un'esigenza di cagare che non vi sto a spiegare. Insopportabile. Come avere un cric che ti si allarga tra le chiappe. Sudore, tanto sudore. Con quel caldo poi, meno male che di domenica verso le 19 non c'era quasi nessuno a bordo. Arrivato a casa e fatto in modo di diminuire drasticamente la pressione anale, ho immediatamente chiamato mia moglie per vantarmi della stoica resistenza. In un perfetto inglese le spiegavo che il suo maritino, il sottoscritto, aveva assolutamente bisogno di cambiare culo perchè quello attuale si era irrimediabilmente bucato. Pfffffff. Così le ho detto. E non ha nemmeno chiesto il divorzio. La forza dellammòre.
E lei ha piazzato la domanda che non ti aspetti. Ma come hai fatto a resistere per i restanti cinquantotto minuti? Ehm come dire. Ognuno ha i suoi tatticismi di sopravvivenza. Per non cagarsi addosso in quei frangenti è necessario ridurre la spinta dall'interno verso l'esterno. Lo stronzo va palleggiato, messo di lato, va lasciato spazio al gas di seguire la sua via. Di liberarsi. Di espandersi. Per ogni micro-scoreggia si riescono a ottenere financo cinque o sei minuti di pace.
Poco prima di scendere ho quindi mollato le quattro scariche che mi avrebbero permesso di raggiungere casa. Mi sono guardato alle spalle, ho visto che non c'era nessuno e ho sganciato delle robe che lì per lì mi sono parse innocue. Poi mi sono parse preoccupanti. Molto preoccupanti. Rancide a andate a male sopraggiungerei. Ma che soddisfazione però. Ho letto poi che il lunedì su quella linea la gente se ne andava in giro con maschere antigas. Durature e persistenti per giunta.
Comunque, nell'attimo in cui si aprivano le porte io sulle note di Indietro di Tiziano Ferro (tanto io i testi suoi non li capisco, per me potrebbe anche parlare di petomania, non so) intonavo il canto
oh oh oh oh ohohoh (guardandomi alle spalle e con fare imbarazzato)
io voglio regalarti la mia scìa
chiedo tu sniffi tutta la mia scìa ora
ti do questa notizia in conclusione
ho i boxer un po' chiazzati di marrone vedi
e so che serve tempo non la tengo...
Vi invito assolutamente a cantarla insieme. Vi voglio tanto bene.
La versione inglese con l'inciso che fa "Vinceeeenzo" è un must...
In effetti ora che ci penso qualcuno faceva anche notare che ho sempre degli sconquassi intestinali. Magari potrei cominciare una nuova serie ma invece di Sangue e Merda potrei chiamarla Tette e Loffe.
PS - cercando loffe su google il primo risultato che mi è uscito è questo. La mia patatina fa le loffe. Porco cazzo.
martedì 25 agosto 2009
Vojo fa' outing 7 - Draft NBA
Al rientro dalle ferie in ufficio ho scoperto che han messo su il giochino dello scambio di figurine. O per meglio dire il mercato dei trasferimenti.
Voci di corridoio mi vogliono al centro di uno scambio di pedine mirabolante tra un reparto e l'altro. Io, una volta capo progetto giovane rampantissimo e ultra-gettonato, vengo ceduto insieme all'opzione sui prossimi due neo-assunti in cambio di un collega con stessa età e medesimo ruolo.
Manco alla pari mi han dato via. Porco cazzo.
Come essere massacrato in 12 mesi. Ci scriverò un libro magari.
C'è mica un consulente del lavoro tra voi lettori...
Voci di corridoio mi vogliono al centro di uno scambio di pedine mirabolante tra un reparto e l'altro. Io, una volta capo progetto giovane rampantissimo e ultra-gettonato, vengo ceduto insieme all'opzione sui prossimi due neo-assunti in cambio di un collega con stessa età e medesimo ruolo.
Manco alla pari mi han dato via. Porco cazzo.
Come essere massacrato in 12 mesi. Ci scriverò un libro magari.
C'è mica un consulente del lavoro tra voi lettori...
lunedì 24 agosto 2009
Vojo fa' outing 6 - Me pija sonno
No nun me riferisco a quanno che faccio sesso e poi me addormo mezzo seconno dopo.
No no.
Mi è venuto in mente un fenomeno anomalo che mi capita quando litigo con la mia dolce metà. Non sto pensando a una mia ex in particolare o a mia moglie. Mi succede sempre a patto che la persona con cui parte lo scazzo sia legata a me sentimentalmente.
A me piglia sonno. Sempre così va a finire.
Dolori alle gambe e alla schiena e vabbè, spiegabili con il nervoso che ti corrode.
Ma il mio diventare improvvisamente narcolettico mi sorprende sempre. Mentre la lei si incazza io socchiudo gli occhi e dopo un po' ronfo.
Non credo che ciò aiuti nella risoluzione della discussione.
La cosa stramba è che se litigo o mi incazzo per altri motivi, io rimango sveglio. In ufficio oramai mi inalbero ogni 3 cazzo di secondi, ma non passo mica tutto il giorno dormendo (o almeno credo...).
Da tempo mi chiedo se capita anche a altri. Sono l'unico? Rientro nella categoria degli Heroes?
Sono Hiro Nakamura?
sabato 15 agosto 2009
TV & Cinema 7 - Yiğitler (a.k.a. Heroes)
Mortaccccci.
Ok sono in ritardo quanto il cucco, ma come si dice meglio tardi che al momento sbagliato.
Altro che Lost, altro che cazzi. Sto parlando di Heroes.
Fatemi stringere la mano alla mente che ha tirato fuori sta serie. Non so se è perchè la sto guardando in inglese coi sottotitoli in turco, o in turco coi sottotitoli in inglese, magari non ci sto capendo niente, ma è un niente bellissimo.
Gente che vola, gente che si fa di pere e vede il futuro, gente che attraversa gli oggetti, gente che legge il pensiero. Io sdraiato sul divano semino aria da sopra e da dietro cercando di immedesimarmi nella parte.
Come incipit si posiziona un milli-gradino al di sotto di Battlestar Galactica, che rimane nel mio personalissimo cartellino al primo posto.
E poi come non odiare il giapponesino che distorce il tempo e urla Yatta ?
giovedì 13 agosto 2009
La Notte in cui Bruciammo Alì Babà 4 - L'Amaro Ramarro
Finalmente alla richiesta del caffè mettemmo anche il punto al pallottoliere delle raki. La conta vide come sempre Ketchup in testa a quota 9 seguito ancora da Milf e me a 6 e con il Dindondero e Durdurunuz a 5 più la solita birra iniziale.
Insieme al caffè turco ci venne fatto anche dono dell’ammazzacaffè, che in terra ottomana si profila come un liquore di colore verde intenso. All’apparenza è innocuo, ma io ve ne sconsiglio vivamente l’uso, trattandosi di roba zuccherosa al 100% che provoca un immediato rimescolio del glucosio con l’alcool precedentemente ingerito. Mi ricordo che dopo averlo bevuto mi alzai per andare alla toilette e mi ritrovai a fissare due tazze nonostante sapessi benissimo che ce ne fosse soltanto una. Sparai un fiotto di piscio così a cazzo, della serie ‘ndo cojo cojo.
L’amaro ramarro, come poi lo soprannominammo, ebbe anche l’effetto di farci fare un giro di confessioni al tavolo, con la regola che dovesse essere un qualcosa di mai raccontato a anima viva. La storia più bella ce l’aveva in serbo il Dindondero.
Dindondero – Giuro che io sta roba non l’ho mai spifferata a nessuno, me ne vergogno troppo. State a sentire, risale a quando ancora facevo pianobar sulle crociere, quelle che ti fanno fare il giro del Mediterraneo per intenderci. Eravamo di base a Genova e io avevo intavolato una relazione con una tipa sposata, Brunilde, che ogni tanto mi faceva il piacere di farmi piantare la tenda nel suo giardino. Una volta, io ero di ritorno dalle Baleari, il marito ci fece il regalo di togliersi dai coglioni per un paio di giorni così che insieme con la Brunilde organizzamo una seratina romantica coi fiocchi. Cena a base di pesce, con antipasto di gamberoni e fagioli, zuppa di ceci con le cozze e per finire un bel rombo con le patate.
Ketchup – Se siete riusciti a scopare con quella roba sullo stomaco avete del talento.
Dindondero – Lasciami finire, dicevo, ci spolverammo tutto annaffiando il cibo con dell’ottimo Bernkasteler Doctor Riesling Kabinett. Dopo l’ultimo brindisi ci fiondammo in camera da letto che Brunilde aveva riempito completamente di candele accese, per un istante pensai a una messa satanica, poi mi lasciai conquistare da tutto quel romanticismo, ma soprattutto da un pompino di quelli che ti strappano via la pelle. Mi sentivo altruista in quel momento, così la spinsi sul letto, le sfilai via gonna e mutandine e cominciai a leccarla per benino, un lavoretto da leccarsi i baffi. Lei lunga sulla schiena con le gambe fuori dal letto e io in ginocchio con il culo diretto verso la finestra.
Sarà stata la brezza che mi pettinava le chiappe oppure il misto ceci e fagioli, sta di fatto che cominciai a sentire degli spasmi all’intestino, quei borbottii che ti fanno vergognare in pieno pubblico quando sei colmo di merda e cerchi di trattenerti perchè sei in un luogo con troppa gente. Mi concentrai per tratternermi, ebbi per un momento la sensazione di poter dominare la situazione e allora la voltai e lei si mise rapida a 90° per essere penetrata. Si girò e al lume delle candele mi guardò fisso negli occhi, io allora persi la concentrazione e decisi malauguratamente di salire sul letto con i piedi per poter spingere più a fondo. Mentre alzavo la gamba destra, mi ricordai degli smottamenti intestinali e di essere in quel momento gonfio come un pneumatico da camion.
Troppo tardi. Mi partì la più grande scoreggia della mia vita, il che non sarebbe stato nemmeno troppo grave se non avessi avuto una candela accesa a meno di venti centimetri dal mio buco di culo. E dietro la candela, una tenda. Fu tutto in un attimo. La scoreggia prese fuoco e investì in pieno la tenda che a sua volta divampò all’istante. In meno di trenta secondi sembrava che dovessimo finire peggio di Roma sotto Nerone e allora corsi in soggiorno, presi la prima bottiglia che trovai, tornai in camera da letto e la gettai sulle fiamme. Era grappa.
Brunilde mi guardò come si guarda la tazza del cesso dopo aver cagato. Io balbettai che non c’era problema, che tutto era sotto controllo, poi le lanciai il telefono urlandole di chiamare i vigili del fuoco e le dissi che sarei sceso a cercare aiuto. Uscii dalla porta di casa, scesi le scale e una volta in strada non mi guardai più indietro. Di lì a due giorni mi avrebbero cambiato di nave e da allora non ho mai più rivisto Genova. Chissà che avrà raccontato ai vigili, e al marito? Io ci rimisi il mio perizoma leopardato portafortuna oltre a rimediare un’ustione all’intestino retto.
Bene, a chi tocca raccontare adesso?
In realtà il giro era finito, lo guardammo tutti con un sorriso sognante. Provammo a ordinare una zuppa di fagioli per ammazzare l’ammazzacaffè ma ci risposero che la cucina aveva chiuso.
Non so se il tuo vero nome sia proprio quello, sta di fatto che se tu Brunilde, o come cavolo ti chiami realmente, dovessi passare da queste parti e dovessi poi per caso leggere questo racconto, ti prego vivamente di farmi sapere, anche in privato, come andò a finire quella nottata.
Sai com’è, ci abbiamo scommesso su. Baci.
Insieme al caffè turco ci venne fatto anche dono dell’ammazzacaffè, che in terra ottomana si profila come un liquore di colore verde intenso. All’apparenza è innocuo, ma io ve ne sconsiglio vivamente l’uso, trattandosi di roba zuccherosa al 100% che provoca un immediato rimescolio del glucosio con l’alcool precedentemente ingerito. Mi ricordo che dopo averlo bevuto mi alzai per andare alla toilette e mi ritrovai a fissare due tazze nonostante sapessi benissimo che ce ne fosse soltanto una. Sparai un fiotto di piscio così a cazzo, della serie ‘ndo cojo cojo.
L’amaro ramarro, come poi lo soprannominammo, ebbe anche l’effetto di farci fare un giro di confessioni al tavolo, con la regola che dovesse essere un qualcosa di mai raccontato a anima viva. La storia più bella ce l’aveva in serbo il Dindondero.
Dindondero – Giuro che io sta roba non l’ho mai spifferata a nessuno, me ne vergogno troppo. State a sentire, risale a quando ancora facevo pianobar sulle crociere, quelle che ti fanno fare il giro del Mediterraneo per intenderci. Eravamo di base a Genova e io avevo intavolato una relazione con una tipa sposata, Brunilde, che ogni tanto mi faceva il piacere di farmi piantare la tenda nel suo giardino. Una volta, io ero di ritorno dalle Baleari, il marito ci fece il regalo di togliersi dai coglioni per un paio di giorni così che insieme con la Brunilde organizzamo una seratina romantica coi fiocchi. Cena a base di pesce, con antipasto di gamberoni e fagioli, zuppa di ceci con le cozze e per finire un bel rombo con le patate.
Ketchup – Se siete riusciti a scopare con quella roba sullo stomaco avete del talento.
Dindondero – Lasciami finire, dicevo, ci spolverammo tutto annaffiando il cibo con dell’ottimo Bernkasteler Doctor Riesling Kabinett. Dopo l’ultimo brindisi ci fiondammo in camera da letto che Brunilde aveva riempito completamente di candele accese, per un istante pensai a una messa satanica, poi mi lasciai conquistare da tutto quel romanticismo, ma soprattutto da un pompino di quelli che ti strappano via la pelle. Mi sentivo altruista in quel momento, così la spinsi sul letto, le sfilai via gonna e mutandine e cominciai a leccarla per benino, un lavoretto da leccarsi i baffi. Lei lunga sulla schiena con le gambe fuori dal letto e io in ginocchio con il culo diretto verso la finestra.
Sarà stata la brezza che mi pettinava le chiappe oppure il misto ceci e fagioli, sta di fatto che cominciai a sentire degli spasmi all’intestino, quei borbottii che ti fanno vergognare in pieno pubblico quando sei colmo di merda e cerchi di trattenerti perchè sei in un luogo con troppa gente. Mi concentrai per tratternermi, ebbi per un momento la sensazione di poter dominare la situazione e allora la voltai e lei si mise rapida a 90° per essere penetrata. Si girò e al lume delle candele mi guardò fisso negli occhi, io allora persi la concentrazione e decisi malauguratamente di salire sul letto con i piedi per poter spingere più a fondo. Mentre alzavo la gamba destra, mi ricordai degli smottamenti intestinali e di essere in quel momento gonfio come un pneumatico da camion.
Troppo tardi. Mi partì la più grande scoreggia della mia vita, il che non sarebbe stato nemmeno troppo grave se non avessi avuto una candela accesa a meno di venti centimetri dal mio buco di culo. E dietro la candela, una tenda. Fu tutto in un attimo. La scoreggia prese fuoco e investì in pieno la tenda che a sua volta divampò all’istante. In meno di trenta secondi sembrava che dovessimo finire peggio di Roma sotto Nerone e allora corsi in soggiorno, presi la prima bottiglia che trovai, tornai in camera da letto e la gettai sulle fiamme. Era grappa.
Brunilde mi guardò come si guarda la tazza del cesso dopo aver cagato. Io balbettai che non c’era problema, che tutto era sotto controllo, poi le lanciai il telefono urlandole di chiamare i vigili del fuoco e le dissi che sarei sceso a cercare aiuto. Uscii dalla porta di casa, scesi le scale e una volta in strada non mi guardai più indietro. Di lì a due giorni mi avrebbero cambiato di nave e da allora non ho mai più rivisto Genova. Chissà che avrà raccontato ai vigili, e al marito? Io ci rimisi il mio perizoma leopardato portafortuna oltre a rimediare un’ustione all’intestino retto.
Bene, a chi tocca raccontare adesso?
In realtà il giro era finito, lo guardammo tutti con un sorriso sognante. Provammo a ordinare una zuppa di fagioli per ammazzare l’ammazzacaffè ma ci risposero che la cucina aveva chiuso.
Non so se il tuo vero nome sia proprio quello, sta di fatto che se tu Brunilde, o come cavolo ti chiami realmente, dovessi passare da queste parti e dovessi poi per caso leggere questo racconto, ti prego vivamente di farmi sapere, anche in privato, come andò a finire quella nottata.
Sai com’è, ci abbiamo scommesso su. Baci.
Premi 1 - Il Primo Premio da Blogger!
Con piacere sono andato a sgraffignarmi questo premio dalla carissima Paola.
Che dire? Onoratissimo sono :)
Che dire? Onoratissimo sono :)
mercoledì 12 agosto 2009
Teknikamente 7 - English Dictionary with Pronunciation!
A volte mi chiedo come Milf, Durdurunuz e il sottoscritto abbiam fatto a convincere La Sapienza a farci dono della laurea in ingegneria. Credo rientri nella categoria dei furti.
Qualche tempo fa ci siamo messi di buzzo buono a cercare di far pronunciare in maniera corretta a un programma, mi pare fosse Babelfish, la frase “Mi prude una palla”. Con la pronuncia inglese, si badi bene.
Ci siamo ritrovati a ridere per almeno 49 minuti consecutivi. Il che dimostra non solo che abbiamo rubato il pezzo di carta, ma che probabilmente avrebbero dovuto internarci da piccoli.
Io per giunta stavo pensando di far fare a quel programmino un reading (tutte le volte che uso sta parola in quel senso lì mi si allappano i denti...) da proporre a Collettivo Voci. Così, tanto per farmi interdire dalla rete una volta per tutte.
Comunque se vi va di provare potete darci dentro qua. Ma dovete essere almeno in tre.
Se invece volete intavolare una conversazione con un robot allora provate quest'altro.
Sì lo so, già mi odiate.
Qualche tempo fa ci siamo messi di buzzo buono a cercare di far pronunciare in maniera corretta a un programma, mi pare fosse Babelfish, la frase “Mi prude una palla”. Con la pronuncia inglese, si badi bene.
Ci siamo ritrovati a ridere per almeno 49 minuti consecutivi. Il che dimostra non solo che abbiamo rubato il pezzo di carta, ma che probabilmente avrebbero dovuto internarci da piccoli.
Io per giunta stavo pensando di far fare a quel programmino un reading (tutte le volte che uso sta parola in quel senso lì mi si allappano i denti...) da proporre a Collettivo Voci. Così, tanto per farmi interdire dalla rete una volta per tutte.
Comunque se vi va di provare potete darci dentro qua. Ma dovete essere almeno in tre.
Se invece volete intavolare una conversazione con un robot allora provate quest'altro.
Sì lo so, già mi odiate.
martedì 11 agosto 2009
Teknikamente 6 - Ricetta per un Centrifiugato Misto Frutta
Sono noto e nato per essere uno che non molla tanto facilmente, percui mi sono deciso per un secondo tentativo centrifugoso prefiggendomi, questa volta, un obiettivo ben preciso, quello di produrre un succo sufficiente a riempire una brocca di vetro da 75 ml.
Avevo decretato che il nettare sarebbe stato estratto da un mix di frutti diversi, percui armato di piedi mi sono diretto con fare bellicoso e sognante al più vicino supermercato. La mia ricetta ha preso forma nel reparto ortofrutta:
1 Ananas (nome in codice turco birtane ananas)
5 Kiwi (nome in codice turco besctane kiwi)
6 Mele Rosse di quelle piccole (nome in codice turco altitane kucuk kirmizi elma)
4 Arance (nome in codice turco dortane portakal)
1 Spruzzata di Limone (nome in codice turco birtane non lo so limon)
Volevo aggiungere le ciliegie ma non sapendo se alla centrifuga sarebbero rimasti poi indigesti i noccioli, ho desistito. Secondo la vostra esperienza, le ciliegie le butti dentro così come sono? Oppure devo farmi crescere l’unghia del mignolo per de-nocciolarle?
Ho preparato il tutto, spellando kiwi arance e limone e privando le mele del loro torsolo. Vi do solamente un consiglio, evitate nella maniera più assoluta l’ananas. Pulire un ananas è un qualcosa che va veramente contronatura, ho rischiato di mozzarmi la mano tre o quattro volte, il succo è schizzato da tutte le parti e ho rischiato di scivolarci sopra mentre tentavo di prendermi una coca dal frigorifero. Se la banana è il frutto dell’amor vi assicuro che l’ananas è il frutto di Lucifero. Parola di boy scout.
Comunque alla fine ho cominciato a buttare il tutto dentro al pozzetto della centrifuga ben attento a insultare, a suon di brutta zoccola puttana, la famosa brocchetta apposita della puntata precedente. Incredibilmente il risultato è stato quello di ottenere circa 75 ml di un succo dal colore indefinito tendente al giallino verdognolo o al verdigno gialliforme. Ripulire la centrifuga mi ha provocato delle nausee preoccupanti portandomi via i canonici venti minuti, sebbene la cucina questa volta abbia sofferto decisamente di meno.
Mi sono poi ingollato un bicchierone della sbobba appena appena munta per poi riporre il sacro liquido all’interno del frigorifero, non senza aver ricoperto la brocca con la plastica per alimenti.
La sera ho mostrato il risultato fenomenale alla muliera, la quale con nonscialanza mi ha fatto notare che i centrifugati quando li fai poi te li devi bere subito che altrimenti perdono tutta la loro potenza benefica. Alla fine il broccone me lo sono bevuto, da solo, in un paio di giorni.
Ricapitoliamo.
A) Indipendentemente da quanto succo si produca, pulire la centrifuga richiede venti minuti.
B) Per godere appieno delle proprietà del centrifugato, deve essere applicato il concetto di cotto e magnato.
C) Di solito si è in uno o due ad abbeverarsi (anche in presenza di ragazzini col cazzo che riuscite a convincerli a buttar giù un centrifugozzo).
Ne concludo che la centrifuga può andare a cagare lassù in alto nel posto più irrangiungibile di tutta la cucina, e che il centrifugato me lo vado a far fare in un cazzo di bar ben felice di pagare per il servizio.
In fin dei conti non è difficile preparare un centrifugato. Ma è molto più facile farselo fare da qualcun altro.
Avevo decretato che il nettare sarebbe stato estratto da un mix di frutti diversi, percui armato di piedi mi sono diretto con fare bellicoso e sognante al più vicino supermercato. La mia ricetta ha preso forma nel reparto ortofrutta:
1 Ananas (nome in codice turco birtane ananas)
5 Kiwi (nome in codice turco besctane kiwi)
6 Mele Rosse di quelle piccole (nome in codice turco altitane kucuk kirmizi elma)
4 Arance (nome in codice turco dortane portakal)
1 Spruzzata di Limone (nome in codice turco birtane non lo so limon)
Volevo aggiungere le ciliegie ma non sapendo se alla centrifuga sarebbero rimasti poi indigesti i noccioli, ho desistito. Secondo la vostra esperienza, le ciliegie le butti dentro così come sono? Oppure devo farmi crescere l’unghia del mignolo per de-nocciolarle?
Ho preparato il tutto, spellando kiwi arance e limone e privando le mele del loro torsolo. Vi do solamente un consiglio, evitate nella maniera più assoluta l’ananas. Pulire un ananas è un qualcosa che va veramente contronatura, ho rischiato di mozzarmi la mano tre o quattro volte, il succo è schizzato da tutte le parti e ho rischiato di scivolarci sopra mentre tentavo di prendermi una coca dal frigorifero. Se la banana è il frutto dell’amor vi assicuro che l’ananas è il frutto di Lucifero. Parola di boy scout.
Comunque alla fine ho cominciato a buttare il tutto dentro al pozzetto della centrifuga ben attento a insultare, a suon di brutta zoccola puttana, la famosa brocchetta apposita della puntata precedente. Incredibilmente il risultato è stato quello di ottenere circa 75 ml di un succo dal colore indefinito tendente al giallino verdognolo o al verdigno gialliforme. Ripulire la centrifuga mi ha provocato delle nausee preoccupanti portandomi via i canonici venti minuti, sebbene la cucina questa volta abbia sofferto decisamente di meno.
Mi sono poi ingollato un bicchierone della sbobba appena appena munta per poi riporre il sacro liquido all’interno del frigorifero, non senza aver ricoperto la brocca con la plastica per alimenti.
La sera ho mostrato il risultato fenomenale alla muliera, la quale con nonscialanza mi ha fatto notare che i centrifugati quando li fai poi te li devi bere subito che altrimenti perdono tutta la loro potenza benefica. Alla fine il broccone me lo sono bevuto, da solo, in un paio di giorni.
Ricapitoliamo.
A) Indipendentemente da quanto succo si produca, pulire la centrifuga richiede venti minuti.
B) Per godere appieno delle proprietà del centrifugato, deve essere applicato il concetto di cotto e magnato.
C) Di solito si è in uno o due ad abbeverarsi (anche in presenza di ragazzini col cazzo che riuscite a convincerli a buttar giù un centrifugozzo).
Ne concludo che la centrifuga può andare a cagare lassù in alto nel posto più irrangiungibile di tutta la cucina, e che il centrifugato me lo vado a far fare in un cazzo di bar ben felice di pagare per il servizio.
In fin dei conti non è difficile preparare un centrifugato. Ma è molto più facile farselo fare da qualcun altro.
lunedì 10 agosto 2009
Teknikamente 5 - Come Preparare un Centifugato
In fin dei conti non è per niente difficile preparare un centrifugato.
Condizione preliminare è quella di adottare una centrifuga e permetterle di soggiornare nel proprio appartamento e poi di comprare chili e chili di frutta e verdura. Che è proprio quello che abbiamo fatto noi. Il sottoscritto si è poi generosamente offerto come cavia-utlizzatrice del nuovo elettrodomestico, decidendo di partire da una cosetta facile facile mono-ingrediente.
Prendo diligentemente venti carote, le lavo ben bene e immediatamente scatta la prima discussione, nella quale io sostengo di buttare le carote così come sono nell’attrezzo centrifugante mentre mia moglie è dell’idea che vadano prima pulite grattando la parte esterna. Inutile dire chi ha la meglio, basti sapere che armato di coltello comincio a ripulire gli ortaggi. Operazione che mi porta via circa venti minuti, disintegra la mia pazienza e riempie la cucina di scorie varie di colore arancione.
Tronfio felice e già sporco preparo poi all’operazione la centrifuga, attacco la spina, tiro via il cilindro dal buco dove si butta dentro la roba da sminuzzare, ci deposito con amore le venti carote un po’ per volta, sospiro guardando mia moglie pieno di soddisfazione e infine accendo l’attrezzo portando la velocità sul valore massimo.
Un denso liquido arancione prende a scorrere nell’ugello di espulsione del prodotto finale andandosi a depositare con amore nell’apposita brocca in dotazione. Lo verso rendendomi conto con orrore di averne riempito un solo micragnosissimo bicchiere, per giunta con dei pezzettoni solidi non adeguatamente centrirugati. Decido allora di fare una seconda passata, versando il liquido di nuovo nel buco di ingresso. Caciara totale.
Non avendo rimesso al suo posto la brocchetta in dotazione, infame oggetto, il succo prende immediatamente a uscire dall’ugello, ovviamente, nonostante nella mia testa bacata io sia convinto che non possa accadere in quanto tutto il ciborio è sul tasto zero, spento. Con un movimento rapido recupero la situazione piazzando il bicchiere sotto all’ugello guardando allo stesso tempo mia moglie con fare ohè vedi che le situazioni non mi sfuggono mai di mano! Le sorrido e le mie dita si muovono sul selettore portandolo di nuovo sul due, stagliuzzamento massimo. Il fiotto arancione mi investe completamente innaffiandomi per benino polo, boxer e ciabattine di spugne fregate in qualche albergo. Mia moglie è a terra che ride e mi chiede pietà che non riesce più a respirare, io riesco di nuovo a piazzare quella stronza della brocchetta sotto all’ugello del cazzo.
Mi guardo riflesso nel vetro della cucina e vedo l’uomo beta carotene. Di succo ora ne è rimasto un mezzo bicchieroe scarso che condivido fiero con la mia metà.
Passo i trenta minuti successivi a ripulire la centrifuga dalla melma arancione e medito di comprare un coniglio per smaltire le altre cento carote che ho comprato al mercato.
In fin dei conti non è per niente difficile preparare un centrifugato.
Condizione preliminare è quella di adottare una centrifuga e permetterle di soggiornare nel proprio appartamento e poi di comprare chili e chili di frutta e verdura. Che è proprio quello che abbiamo fatto noi. Il sottoscritto si è poi generosamente offerto come cavia-utlizzatrice del nuovo elettrodomestico, decidendo di partire da una cosetta facile facile mono-ingrediente.
Prendo diligentemente venti carote, le lavo ben bene e immediatamente scatta la prima discussione, nella quale io sostengo di buttare le carote così come sono nell’attrezzo centrifugante mentre mia moglie è dell’idea che vadano prima pulite grattando la parte esterna. Inutile dire chi ha la meglio, basti sapere che armato di coltello comincio a ripulire gli ortaggi. Operazione che mi porta via circa venti minuti, disintegra la mia pazienza e riempie la cucina di scorie varie di colore arancione.
Tronfio felice e già sporco preparo poi all’operazione la centrifuga, attacco la spina, tiro via il cilindro dal buco dove si butta dentro la roba da sminuzzare, ci deposito con amore le venti carote un po’ per volta, sospiro guardando mia moglie pieno di soddisfazione e infine accendo l’attrezzo portando la velocità sul valore massimo.
Un denso liquido arancione prende a scorrere nell’ugello di espulsione del prodotto finale andandosi a depositare con amore nell’apposita brocca in dotazione. Lo verso rendendomi conto con orrore di averne riempito un solo micragnosissimo bicchiere, per giunta con dei pezzettoni solidi non adeguatamente centrirugati. Decido allora di fare una seconda passata, versando il liquido di nuovo nel buco di ingresso. Caciara totale.
Non avendo rimesso al suo posto la brocchetta in dotazione, infame oggetto, il succo prende immediatamente a uscire dall’ugello, ovviamente, nonostante nella mia testa bacata io sia convinto che non possa accadere in quanto tutto il ciborio è sul tasto zero, spento. Con un movimento rapido recupero la situazione piazzando il bicchiere sotto all’ugello guardando allo stesso tempo mia moglie con fare ohè vedi che le situazioni non mi sfuggono mai di mano! Le sorrido e le mie dita si muovono sul selettore portandolo di nuovo sul due, stagliuzzamento massimo. Il fiotto arancione mi investe completamente innaffiandomi per benino polo, boxer e ciabattine di spugne fregate in qualche albergo. Mia moglie è a terra che ride e mi chiede pietà che non riesce più a respirare, io riesco di nuovo a piazzare quella stronza della brocchetta sotto all’ugello del cazzo.
Mi guardo riflesso nel vetro della cucina e vedo l’uomo beta carotene. Di succo ora ne è rimasto un mezzo bicchieroe scarso che condivido fiero con la mia metà.
Passo i trenta minuti successivi a ripulire la centrifuga dalla melma arancione e medito di comprare un coniglio per smaltire le altre cento carote che ho comprato al mercato.
In fin dei conti non è per niente difficile preparare un centrifugato.
domenica 9 agosto 2009
Trash 14 - Il Mistero dello Sheraton
Dal terrazzo dal quale ultimamente scrivo ho una meravigliosa vista su Ankara. In lontananza, da una parte c’è un albergo enorme mai completato di cui poi un giorno vi parlerò. Più sulla destra i grattacieli di Gazi Osman Pascià. Ancora più distanti il mausoleo di Ataturk e la moschea principale di Ankara.
E poi lì, a una distanza media ma ben visibile lo Sheraton hotel. Da qui, dall’alto, intravedo solo la parte terminale della sua torre. E finalmente ho capito, cazzo. Sì finalmente oggi sono riuscito a spiegarmi qualcosa che finora per me rimaneva un mistero. Come mai lo Sheraton attira sempre così tante persone? Qui a Ankara quell’albergo, nonostante non sia nemmeno tutto sto lusso, è sempre pieno. Alla faccia dell’Hilton, decrepito, e del nuovissimo Swiss Hotel. Cos’è che attira uomini d’affari e turisti in quel posto? Eureka, posso dire di averlo compreso. E se date uno sguardo alle foto dell’ultimo pezzo dell’edificio lo capirete anche voi.
In cima allo Sheraton c’è un enorme, gigantesco, mega ROTOLO DI CARTA IGIENICA con la S della catena alberghiera stampato su. E allora è ovvio. Cioè tu vedi quel rotolone immenso e, come King Kong attirato dalle torri, fai rotta verso quella promessa di paradiso. E sì perchè quando sei fuori di casa e hai appena messo piede in terra straniera, tu quello che cerchi con disperazione è un cesso. E cazzo, il rotolo di carta igienica lì in cima rappresenta la più grande trovata pubblicitaria che io abbia mai visto. In maniera subliminale ti attira, non ci sono speranze, ti risucchia.
Il marketing Sheraton dell’epoca doveva essere composto di veri geni. Geni. E lo dico sul serio, con tutto me stesso. GENI.
Ora scappo, prendo la macchina e vado a cercare di trovare una stanza per stanotte in quel maledetto albergo. Ho voglia di intasargli almeno una tazza del cesso.
E poi lì, a una distanza media ma ben visibile lo Sheraton hotel. Da qui, dall’alto, intravedo solo la parte terminale della sua torre. E finalmente ho capito, cazzo. Sì finalmente oggi sono riuscito a spiegarmi qualcosa che finora per me rimaneva un mistero. Come mai lo Sheraton attira sempre così tante persone? Qui a Ankara quell’albergo, nonostante non sia nemmeno tutto sto lusso, è sempre pieno. Alla faccia dell’Hilton, decrepito, e del nuovissimo Swiss Hotel. Cos’è che attira uomini d’affari e turisti in quel posto? Eureka, posso dire di averlo compreso. E se date uno sguardo alle foto dell’ultimo pezzo dell’edificio lo capirete anche voi.
In cima allo Sheraton c’è un enorme, gigantesco, mega ROTOLO DI CARTA IGIENICA con la S della catena alberghiera stampato su. E allora è ovvio. Cioè tu vedi quel rotolone immenso e, come King Kong attirato dalle torri, fai rotta verso quella promessa di paradiso. E sì perchè quando sei fuori di casa e hai appena messo piede in terra straniera, tu quello che cerchi con disperazione è un cesso. E cazzo, il rotolo di carta igienica lì in cima rappresenta la più grande trovata pubblicitaria che io abbia mai visto. In maniera subliminale ti attira, non ci sono speranze, ti risucchia.
Il marketing Sheraton dell’epoca doveva essere composto di veri geni. Geni. E lo dico sul serio, con tutto me stesso. GENI.
Ora scappo, prendo la macchina e vado a cercare di trovare una stanza per stanotte in quel maledetto albergo. Ho voglia di intasargli almeno una tazza del cesso.
sabato 8 agosto 2009
La Notte in cui Bruciammo Alì Babà 3 - Aneddoti aspettando il pesce
Parte Prima
Parte Seconda
La canzone dice più o meno così: nonostante fosse completamente falso, quella sera il tuo sorriso era meraviglioso.
Va detto che l’effetto principale della raki è quello di far sciogliere la lingua. Non ci si controlla proprio, è una specie di siero della verità e secondo me dovremmo importarlo e imporlo ai teen-ager durante le solite indianate.
Sta di fatto che quella sera, in mancanza di materia prima con cui intavolare sguardi o scambiare pizzini volanti, ci concentrammo su bevute e chiacchiere. Poco prima dell’arrivo del piatto principale, un scisc-kebab di spigola accerchiato da peperoni e patate, la situazione vedeva Ketchup a quota 6 raki lisce seguito da me e Milf fermi a 4 e Dindondero e Durdurunuz con 1 birra e 3 raki sul groppone.
In quanto agli aneddoti da osteria che a turno invece giocavamo sul tavolo, nella mia memoria ne è rimasto soltanto uno. Nonostante tutti avessero il loro fascino, Durdurunuz ci lasciò decisamente senza parole e senza fiato, dal troppo ridere, con quello che è rimasto alla storia come la Novella del Cugino Sventrapapere Tagike. Ci raccontò infatti di un suo cugino, tale Raimondo, trentasei anni una moglie due pargoli e la figlia ventitreenne dell’ambasciatore del Tagikistan come amante. Una storia di sesso, a detta di Raimondo, ma anche una storia d’amore, a detta di Sitora la bella tagika.
Durdurunuz – Che poi il cazzone l’avevo avvertito di non fare stronzate. Gliel’avevo detto io. Ti pare che a questa va bene una storia di puro sesso? E lui che spegiurava di sì. Che le cose erano chiare fin dall’inizio
Pusher – Cristo, se ci teneva tanto a farsi del male faceva prima a ficcare tutte e due le palle nel tritacarne
Durdurunuz – Ma Raimondo è tutto impippato da sta storia. Pare che Sitora gli abbia aperto finalmente le porte del paradiso del sesso, facendogli pure capire di essere dotato di un cazzo niente male. Insomma rispetto a Gina, la moglie, che gliela dà una volta ogni due mesi, in effetti Sitora è una specie di paese dei balocchi
Milf – Chissà magari la tagika c’ha pure la madre passabile no?
Durdurunuz – Zitto va, che gli ha pure presentato i genitori a una festa in ambasciata. Roba da pazzi. La cosa che manda fuori di matto Raimondo è il SUV coi vetri oscurati con sui Sitora se ne va in giro, la trombo-jeep come la chiama lui. Salgono su, parcheggiano da qualche parte in pieno giorno e poi ci danno dentro come ricci. Una volta stavano trombando nel parcheggio dell’ufficio dove lavora mio cugino e, proprio nel bel mezzo della cavalcata, gli va a parcheggiare accanto una delle sue colleghe, per giunta una di quelle fighe. Per l’emozione ha perso il controllo della biscia e ha sparato una schizzatona che ha imbrattato tutto il volante. Dice che ora quando guidi, col caldo, le mani ci si appiccicano talmente tanto che rischi di spellartele quando le devi muovere.
Milf – E la figlia dell’ambasciatore non avanza pretese? Gli va bene che lo stallone italiano se la sbatta in macchina e che per giunta gli imbianchi tutti gli interni in pelle senza uno spicchio di speranza che la cosa diventi seria?
Durdurunuz – Così pareva, o almeno credeva quel cazzone di Raimondo. Porca puttana dovevate vederlo l’altro giorno quando mi si è presentato a casa. Era in pieno shock, tutto rosso in faccia che pensavo gli prendesse un infarto. Mi guarda con gli occhi di fuori e mi confessa che Sitora gli ha chiesto di mollare moglie e figli e che lui gli ha risposto che non se parla proprio. Così lei ha tirato giù la saracinesca per un paio di settimane, facendolo quasi impazzire.
Pusher – No scusa un momento. Se era successo due settimane prima come mai tuo cugino era lì lì per tirare le cuoia proprio quel giorno?
Durdurunuz – E’ qua che viene il bello. Anche io gli ho fatto la stessa domanda. Gli dico Raimò ma che so quindici giorni che vai in giro rosso in faccia come un peperone? E lui mi risponde che no, non si era mica preoccupato per la richiesta di Sitora, manco per il cavolo. Piuttosto il problema era che da tre giorni a quella parte lei aveva deciso di riconcedergli il giardino proibito, solo che lui non riusciva più a venire. Per usare le sue parole pare che ora lui la stantuffi per benino per i suoi canonici venti minuti abbondanti e alla fine sul più bello non riesce a eiaculare. L’orgasmo gli si spegne in canna, sta lì quasi per tirar giù tutto lo sbobbone, sempre parole sue, quando lei lo brucia con uno sguardo che pare chiedergli allora quand’è che molli la tua famiglia e a Raimondo gli si gelano le palle e gli si ammoscia. La cosa pazzesca è che non gliene frega un cazzo che questa qua gli stia chiedendo di mandare a fare in culo moglie e figli. Cioè lui è terrorizzato perchè quando è in fase di sventraggio, sempre gergo cuginesco, poi non riesce a verniciarle le pareti della micia
Dindondero – Cazzo nemmeno io parlo così quando scopo
Ketchup – Ma ha detto proprio verniciarle le pareti?
Durdurunuz – Giuro di sì. Ragazzi Raimondo sta fuori con l’accuso. L’unica sua preoccupazione al momento è tornare a venire
Pusher – Secondo me l’ambasciatore ha già assoldato un killer uzbeko per farlo fuori ficcandogli poi i suoi stessi marroni in mezzo ai denti. Credo gli rimanga ancora poco tempo da vivere.
Dindondero – Comunque io sto Tagikistan me lo ricordo bene. Era una meta di quando lavoravo sulle navi crociera, roba di lusso
Ketchup – Ma che cazzo dici che il mare manco in cartolina lo vedono in quel posto. Porca vacca Dindondè io pensavo che nel cervello c’avessi l’aria. E invece mi sbagliavo, magari fosse aria. Te l’hanno gonfiato a forza di scoregge, altrochè, pure le idee te puzzano. Non ci si crede
Pusher – Io propongo un’altra raki in onore di Raimondo
Durdurunuz – Ci vuole, ci sto. Ieri l’ho chiamato e dice che ha proposto a Sitora di rimanere solo amici e di frequentarsi culturalmente. Mi ha confessato che sta provando a disorientare il suo uccello nella speranza di prenderlo alla sprovvista e costringerlo finalmente a svuotarsi.
Milf – Evvai che arrivano gli spiedini di pesce, sti cazzi di Raimondo!
Ad oggi dopo qualche mese sembra che la situazione sia più o meno immutata. Con la differenza che ora Sitora ha un fidanzato ufficiale che però a detta sua non se la scopa a dovere. Continua a chiedere a Raimondo di scappare in Tagikistan con lei.
Le pareti della micia, nel frattempo, continuano ad aspettare di essere re-imbiancate. Prosit.
Parte Seconda
La canzone dice più o meno così: nonostante fosse completamente falso, quella sera il tuo sorriso era meraviglioso.
Va detto che l’effetto principale della raki è quello di far sciogliere la lingua. Non ci si controlla proprio, è una specie di siero della verità e secondo me dovremmo importarlo e imporlo ai teen-ager durante le solite indianate.
Sta di fatto che quella sera, in mancanza di materia prima con cui intavolare sguardi o scambiare pizzini volanti, ci concentrammo su bevute e chiacchiere. Poco prima dell’arrivo del piatto principale, un scisc-kebab di spigola accerchiato da peperoni e patate, la situazione vedeva Ketchup a quota 6 raki lisce seguito da me e Milf fermi a 4 e Dindondero e Durdurunuz con 1 birra e 3 raki sul groppone.
In quanto agli aneddoti da osteria che a turno invece giocavamo sul tavolo, nella mia memoria ne è rimasto soltanto uno. Nonostante tutti avessero il loro fascino, Durdurunuz ci lasciò decisamente senza parole e senza fiato, dal troppo ridere, con quello che è rimasto alla storia come la Novella del Cugino Sventrapapere Tagike. Ci raccontò infatti di un suo cugino, tale Raimondo, trentasei anni una moglie due pargoli e la figlia ventitreenne dell’ambasciatore del Tagikistan come amante. Una storia di sesso, a detta di Raimondo, ma anche una storia d’amore, a detta di Sitora la bella tagika.
Durdurunuz – Che poi il cazzone l’avevo avvertito di non fare stronzate. Gliel’avevo detto io. Ti pare che a questa va bene una storia di puro sesso? E lui che spegiurava di sì. Che le cose erano chiare fin dall’inizio
Pusher – Cristo, se ci teneva tanto a farsi del male faceva prima a ficcare tutte e due le palle nel tritacarne
Durdurunuz – Ma Raimondo è tutto impippato da sta storia. Pare che Sitora gli abbia aperto finalmente le porte del paradiso del sesso, facendogli pure capire di essere dotato di un cazzo niente male. Insomma rispetto a Gina, la moglie, che gliela dà una volta ogni due mesi, in effetti Sitora è una specie di paese dei balocchi
Milf – Chissà magari la tagika c’ha pure la madre passabile no?
Durdurunuz – Zitto va, che gli ha pure presentato i genitori a una festa in ambasciata. Roba da pazzi. La cosa che manda fuori di matto Raimondo è il SUV coi vetri oscurati con sui Sitora se ne va in giro, la trombo-jeep come la chiama lui. Salgono su, parcheggiano da qualche parte in pieno giorno e poi ci danno dentro come ricci. Una volta stavano trombando nel parcheggio dell’ufficio dove lavora mio cugino e, proprio nel bel mezzo della cavalcata, gli va a parcheggiare accanto una delle sue colleghe, per giunta una di quelle fighe. Per l’emozione ha perso il controllo della biscia e ha sparato una schizzatona che ha imbrattato tutto il volante. Dice che ora quando guidi, col caldo, le mani ci si appiccicano talmente tanto che rischi di spellartele quando le devi muovere.
Milf – E la figlia dell’ambasciatore non avanza pretese? Gli va bene che lo stallone italiano se la sbatta in macchina e che per giunta gli imbianchi tutti gli interni in pelle senza uno spicchio di speranza che la cosa diventi seria?
Durdurunuz – Così pareva, o almeno credeva quel cazzone di Raimondo. Porca puttana dovevate vederlo l’altro giorno quando mi si è presentato a casa. Era in pieno shock, tutto rosso in faccia che pensavo gli prendesse un infarto. Mi guarda con gli occhi di fuori e mi confessa che Sitora gli ha chiesto di mollare moglie e figli e che lui gli ha risposto che non se parla proprio. Così lei ha tirato giù la saracinesca per un paio di settimane, facendolo quasi impazzire.
Pusher – No scusa un momento. Se era successo due settimane prima come mai tuo cugino era lì lì per tirare le cuoia proprio quel giorno?
Durdurunuz – E’ qua che viene il bello. Anche io gli ho fatto la stessa domanda. Gli dico Raimò ma che so quindici giorni che vai in giro rosso in faccia come un peperone? E lui mi risponde che no, non si era mica preoccupato per la richiesta di Sitora, manco per il cavolo. Piuttosto il problema era che da tre giorni a quella parte lei aveva deciso di riconcedergli il giardino proibito, solo che lui non riusciva più a venire. Per usare le sue parole pare che ora lui la stantuffi per benino per i suoi canonici venti minuti abbondanti e alla fine sul più bello non riesce a eiaculare. L’orgasmo gli si spegne in canna, sta lì quasi per tirar giù tutto lo sbobbone, sempre parole sue, quando lei lo brucia con uno sguardo che pare chiedergli allora quand’è che molli la tua famiglia e a Raimondo gli si gelano le palle e gli si ammoscia. La cosa pazzesca è che non gliene frega un cazzo che questa qua gli stia chiedendo di mandare a fare in culo moglie e figli. Cioè lui è terrorizzato perchè quando è in fase di sventraggio, sempre gergo cuginesco, poi non riesce a verniciarle le pareti della micia
Dindondero – Cazzo nemmeno io parlo così quando scopo
Ketchup – Ma ha detto proprio verniciarle le pareti?
Durdurunuz – Giuro di sì. Ragazzi Raimondo sta fuori con l’accuso. L’unica sua preoccupazione al momento è tornare a venire
Pusher – Secondo me l’ambasciatore ha già assoldato un killer uzbeko per farlo fuori ficcandogli poi i suoi stessi marroni in mezzo ai denti. Credo gli rimanga ancora poco tempo da vivere.
Dindondero – Comunque io sto Tagikistan me lo ricordo bene. Era una meta di quando lavoravo sulle navi crociera, roba di lusso
Ketchup – Ma che cazzo dici che il mare manco in cartolina lo vedono in quel posto. Porca vacca Dindondè io pensavo che nel cervello c’avessi l’aria. E invece mi sbagliavo, magari fosse aria. Te l’hanno gonfiato a forza di scoregge, altrochè, pure le idee te puzzano. Non ci si crede
Pusher – Io propongo un’altra raki in onore di Raimondo
Durdurunuz – Ci vuole, ci sto. Ieri l’ho chiamato e dice che ha proposto a Sitora di rimanere solo amici e di frequentarsi culturalmente. Mi ha confessato che sta provando a disorientare il suo uccello nella speranza di prenderlo alla sprovvista e costringerlo finalmente a svuotarsi.
Milf – Evvai che arrivano gli spiedini di pesce, sti cazzi di Raimondo!
Ad oggi dopo qualche mese sembra che la situazione sia più o meno immutata. Con la differenza che ora Sitora ha un fidanzato ufficiale che però a detta sua non se la scopa a dovere. Continua a chiedere a Raimondo di scappare in Tagikistan con lei.
Le pareti della micia, nel frattempo, continuano ad aspettare di essere re-imbiancate. Prosit.
venerdì 7 agosto 2009
TV & Cinema 6 - Semo Du Star!
Per finire sui giornali dovevo andare a sposarmi in Turchia a quanto pare...
I nomi sono tutti e due toppati alla grande, ma lo abbiamo fatto di proposito per rimanere in incognito :)
Il Fattaccio
PS: yabanci damat sta per "lo sposo straniero". Tra poco in tutte le sale del mondo.
PS2: il sito ogni tanto chiede nome utente e password e ogni tanto no. Non so perchè, pare andare a caso.
PS3: il link non è pppiù bbbono e non so dove trovare quello giusto :)
I nomi sono tutti e due toppati alla grande, ma lo abbiamo fatto di proposito per rimanere in incognito :)
Il Fattaccio
PS: yabanci damat sta per "lo sposo straniero". Tra poco in tutte le sale del mondo.
PS2: il sito ogni tanto chiede nome utente e password e ogni tanto no. Non so perchè, pare andare a caso.
PS3: il link non è pppiù bbbono e non so dove trovare quello giusto :)
martedì 4 agosto 2009
La Notte in cui Bruciammo Alì Babà 2 - Ingresso Ai Tre Frocetti
Per dare uno sguardo alla prima parte vai di qua
Era una bella serata di ottobre, decisamente calda per gli standard di Ankara in quel periodo dell’anno. Piazzammo la macchina al solito posto, un parcheggio a pagamento ricavato in un lotto di terra dove stranamente non si sono mai materializzate le fatidiche quattro mura di un palazzo. Con appena cinque minuti di sgranchimento di gambe accompagnati da un paio di ammiccatine lungo la via principale, ci ritrovammo di fronte all’ingresso del ristorante I Tre Frocetti che, come al solito, era gremito tipo l’Olimpico il giorno del derby. La passione smisurata dei proprietari verso il nostro gruppo di stalloni italiani ha fatto sempre in modo che, nella mischia, riuscissimo a ottenere un microtavolo con delle sedie intorno e soprattutto in una posizione decisamente “tattica”. Avevo promesso di spiegarvi il perchè del nome, sebbene non credo sia poi troppo difficile arrivarci da soli, se quella che vi ritrovate poggiata sul collo è una testa e non uno scroto gigante. Comunque, a) il vero nome di quel cazzo di ristorante è letteralmente impronunciabile b) i tre proprietari non hanno mai nascosto la loro propensione omosessuale, dal che la decisione di soprannominarlo in quel modo. Avevano le idee chiare, i tre, e nella loro strana composizione corporea direi che fossero, nell’insieme, assortiti bene. Li chiamavamo Er Nana, Er Botte e Occhiappalla. Er Nana era sempre vestito in maniera impeccabile, rigorosamente con lo stesso identico modello di gessato grigio. Immaginatevelo lì all’ingresso, o seduto in cassa, con un pettine da gangster nella tasca della giacca pronto a risistemarsi all’occorrenza lo scalpo impomatato. Aggiungeteci anche una mano un po’ molle, a volte sudaticcia, e un saluto col bacio che sterzava, all’ultimo, sempre e rigorosamente verso l’angolo delle labbra. Per di più, innamorato follemente di uno di noi.
Pusher – Dai Ketchup, fagli i soliti occhi dolci o qua col cazzo che ci mettiamo seduti
Ketchup – Ma porca troia, ma sempre a me tocca sta storia?
Milf – Mica è colpa nostra se si è invaghito di te. Dai che ti ha appena visto, guarda con che sorriso sta arrivando
Ketchup – Già. Guarda invece con che stronzi di amici vado in giro, io.
Er Nana ci raggiunse. E aggiunse anche una toccatina agli addominali del Ketchup condita con un bacio sospirato dalle parti dell’orecchio destro. Con la mano sinistra ci indicò con eleganza, non senza prima essersi fatto presentare i due nuovi picciotti, il nostro tavolo materializzatosi misteriosamente dalle parti del centro sala dove, in trepidante attesa, Er Botte e Occhiappalla saltellavano nervosamente da un piede all’altro. Descriverli mi risulta decisamente facile. Prendete South Park, il cartone, e date un’occhiata a Cartman e Stan. Er Botte pareva sputato il gemello di Cartman, al quale dovete aggiungere l’inseparabile mini cravatta di trenta centimentri senza la quale non l’ho mai visto intrattenere i clienti. L’ho sempre odiato quel cravattino da bravo bambino e infatti probabilmente per questo, e per quello strano fenomeno di azione e contro reazione, Er Botte aveva occhi solo e soltanto per il sottoscritto. Occhiappalla, invece, disegnatevelo in mente come la fotocopia di Stan condito però con degli occhi che sembravano lì lì per esplodere da un momento all’altro e una livrea bianca e immacolata che riusciva a rimanere tale, inspiegabilmente, per tutta la serata. Ah dimenticavo. Occhiappalla aveva puntato Milf fin dalla prima volta in cui avevamo messo piede in quel posto e, non appena lo rivedeva, il suo equilibrio corporeo sembrava risentirne al punto tale da subire un improvviso aumento della pressione interna, tanto che gli occhi tendevano a effettuare uno strano movimento, un po’ come quegli occhiali a molla da clown per cui andavo matto da ragazzino. Spero li abbiate presenti. Ti veniva l’istinto di chinarti pronto a raccogliere uno dei bulbi oculari schizzati via dalla loro sede.
Ci sedemmo, noi accompagnati dagli occhi appassionati degli osti e la sala investita dai nostri cinque sguardi-scanner-in-cerca-di-gnocca. Ne avvistammo un gruppetto in un angolo, discretamente brutte.
Milf – Stasera qua non c’è trippa per cazzi ragazzi
El Dindondero – A me quelle quattro lì in fondo non mi dispiacciono mica
Durdurunuz – Dindondè, tu una volta ti sei ingroppato pure un palo della luce, non fai testo cazzo
Milf – Magari dopo qualche chilo di pesce e qualche ettolitro di raki le cose potrebbero assumere un aspetto diverso...
Ordinammo le prime cinque raki per antipasto. Insieme con un piatto di insalata, dei calamari fritti e due belle porzioni di gamberi e funghi cotti dentro una specie di coccio. Se mai doveste decidere di farveli portare ricordatevi, mi raccomando, che il coccio è bollente. Ne so qualcosa, credetemi.
Era una bella serata di ottobre, decisamente calda per gli standard di Ankara in quel periodo dell’anno. Piazzammo la macchina al solito posto, un parcheggio a pagamento ricavato in un lotto di terra dove stranamente non si sono mai materializzate le fatidiche quattro mura di un palazzo. Con appena cinque minuti di sgranchimento di gambe accompagnati da un paio di ammiccatine lungo la via principale, ci ritrovammo di fronte all’ingresso del ristorante I Tre Frocetti che, come al solito, era gremito tipo l’Olimpico il giorno del derby. La passione smisurata dei proprietari verso il nostro gruppo di stalloni italiani ha fatto sempre in modo che, nella mischia, riuscissimo a ottenere un microtavolo con delle sedie intorno e soprattutto in una posizione decisamente “tattica”. Avevo promesso di spiegarvi il perchè del nome, sebbene non credo sia poi troppo difficile arrivarci da soli, se quella che vi ritrovate poggiata sul collo è una testa e non uno scroto gigante. Comunque, a) il vero nome di quel cazzo di ristorante è letteralmente impronunciabile b) i tre proprietari non hanno mai nascosto la loro propensione omosessuale, dal che la decisione di soprannominarlo in quel modo. Avevano le idee chiare, i tre, e nella loro strana composizione corporea direi che fossero, nell’insieme, assortiti bene. Li chiamavamo Er Nana, Er Botte e Occhiappalla. Er Nana era sempre vestito in maniera impeccabile, rigorosamente con lo stesso identico modello di gessato grigio. Immaginatevelo lì all’ingresso, o seduto in cassa, con un pettine da gangster nella tasca della giacca pronto a risistemarsi all’occorrenza lo scalpo impomatato. Aggiungeteci anche una mano un po’ molle, a volte sudaticcia, e un saluto col bacio che sterzava, all’ultimo, sempre e rigorosamente verso l’angolo delle labbra. Per di più, innamorato follemente di uno di noi.
Pusher – Dai Ketchup, fagli i soliti occhi dolci o qua col cazzo che ci mettiamo seduti
Ketchup – Ma porca troia, ma sempre a me tocca sta storia?
Milf – Mica è colpa nostra se si è invaghito di te. Dai che ti ha appena visto, guarda con che sorriso sta arrivando
Ketchup – Già. Guarda invece con che stronzi di amici vado in giro, io.
Er Nana ci raggiunse. E aggiunse anche una toccatina agli addominali del Ketchup condita con un bacio sospirato dalle parti dell’orecchio destro. Con la mano sinistra ci indicò con eleganza, non senza prima essersi fatto presentare i due nuovi picciotti, il nostro tavolo materializzatosi misteriosamente dalle parti del centro sala dove, in trepidante attesa, Er Botte e Occhiappalla saltellavano nervosamente da un piede all’altro. Descriverli mi risulta decisamente facile. Prendete South Park, il cartone, e date un’occhiata a Cartman e Stan. Er Botte pareva sputato il gemello di Cartman, al quale dovete aggiungere l’inseparabile mini cravatta di trenta centimentri senza la quale non l’ho mai visto intrattenere i clienti. L’ho sempre odiato quel cravattino da bravo bambino e infatti probabilmente per questo, e per quello strano fenomeno di azione e contro reazione, Er Botte aveva occhi solo e soltanto per il sottoscritto. Occhiappalla, invece, disegnatevelo in mente come la fotocopia di Stan condito però con degli occhi che sembravano lì lì per esplodere da un momento all’altro e una livrea bianca e immacolata che riusciva a rimanere tale, inspiegabilmente, per tutta la serata. Ah dimenticavo. Occhiappalla aveva puntato Milf fin dalla prima volta in cui avevamo messo piede in quel posto e, non appena lo rivedeva, il suo equilibrio corporeo sembrava risentirne al punto tale da subire un improvviso aumento della pressione interna, tanto che gli occhi tendevano a effettuare uno strano movimento, un po’ come quegli occhiali a molla da clown per cui andavo matto da ragazzino. Spero li abbiate presenti. Ti veniva l’istinto di chinarti pronto a raccogliere uno dei bulbi oculari schizzati via dalla loro sede.
Ci sedemmo, noi accompagnati dagli occhi appassionati degli osti e la sala investita dai nostri cinque sguardi-scanner-in-cerca-di-gnocca. Ne avvistammo un gruppetto in un angolo, discretamente brutte.
Milf – Stasera qua non c’è trippa per cazzi ragazzi
El Dindondero – A me quelle quattro lì in fondo non mi dispiacciono mica
Durdurunuz – Dindondè, tu una volta ti sei ingroppato pure un palo della luce, non fai testo cazzo
Milf – Magari dopo qualche chilo di pesce e qualche ettolitro di raki le cose potrebbero assumere un aspetto diverso...
Ordinammo le prime cinque raki per antipasto. Insieme con un piatto di insalata, dei calamari fritti e due belle porzioni di gamberi e funghi cotti dentro una specie di coccio. Se mai doveste decidere di farveli portare ricordatevi, mi raccomando, che il coccio è bollente. Ne so qualcosa, credetemi.
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