martedì 22 aprile 2008

Sangue e Merda e Le Piccole Cose

Oggi la banda suona i Blink 182. E il Santo ha richiesto All The Small Things e non vuole sentir ragioni.
A dir la verità non poteva scegliere pezzo più indicato. E sì perché quando senti che questo giorno potrebbe essere l’ultimo che ancora ti rimane, quando percepisci che stai camminando su una fune e qualcuno si è dimenticato di dirti che soffri di vertigini, quando pensi se puoi fidarti davvero del tuo migliore amico che ha preparato il paracadute con cui ti sei appena buttato, sì insomma quando ti ritrovi con la tua vita tra le mani e non sai bene se aprirle queste cazzo di dita e lasciarla cadere oppure chiuderle a pugno e stritolarla, allora ripensi a quello che hai fatto e forse ancora di più a quello che non hai fatto.
E sono sicuro che non te ne frega niente in quel momento di tutte quelle cose che consideravi enormi e che ti sono capitate. No no. Sono arciconvinto che quella che ti scorre davanti non è l’intera vita come se fosse un film a velocità infinita. Manco per il cazzo. Quello che rivedi sono tutti quei piccoli piccoli piccolissimi particolari che ti riempiono la vita e che ti sei dimenticato, se sei fortunato, di apprezzare. Se invece sei sfigato, e forse anche un po’ stronzo magari, capace che non li hai mai neanche notati.

Posso giocarmici le palle. Ti passano davanti tutte quelle piccole cose che danno un senso a quello che siamo. L’odore del caffè alla mattina presto. Le fette di pane con la nutella che tua madre ti preparava prima di andare a scuola. La sensazione di rilassatezza e complicità che hai nel dormire acchiucchiaiati con la persona che ami. Respirandole addosso. I cinque minuti in più solo giuro solo cinque passati sotto le coperte prima di alzarsi. Quel leggero brivido quando poi ti scopri. Le domeniche di pioggia in cui proprio non scendi nemmeno dal letto perché il mondo tanto non esiste. Roma la mattina alle sette di una giornata di festa. A piedi. Cornetto e cappuccino all’autogrill alle quattro e mezzo di notte il primo dell’anno. Il mare una sigaretta e una coperta sulla spiaggia all’alba. A settembre. I silenzi che dicono più delle parole. E uno sguardo che riempie quei silenzi. Quel sogno che ti è rimasto nel cassetto a prendere polvere perché pensavi che si potesse sporcare. I progetti fatti con qualcuno e che sono rimasti a metà. Come quadri incompleti o canzoni mai finite di scrivere.

Ci siamo tutti sulla spiaggia di Belek. E tutti guardiamo le onde e il sole che cala. Siamo armati fino al collo che il Kurdo ci ha trattato bene. E gli occhi corrono veloci sulla linea dell’orizzonte. E in questo preciso istante, in questo particolare millisecondo ognuno di noi rivede una di quelle fottutissime piccole cose.

Guru ripensa a quando quella volta poteva girarsi a guardarla e salutarla e non l’ha fatto.
Pusher ai roll giapponesi mangiati insieme alla persona più importante della sua vita.
Il Santo all’anello di cuoio che però cazzo andava proprio stretto al dito di L.
Il Trottola alla prima volta che ha visto il mignolo del pargoletto.
L’Eremita al mega sconto che è riuscito a battere a Fastweb che va una scheggia.
Dis a quella volta in cui forse dopotutto sua madre aveva ragione. Forse.
Dark L. a quanto adora quell’accento così dannatamente british.
Ketchup al rumore del ruscello della sua terra in Cile.
Chef al dromedario che si era comprato in Libia pensando fosse un cammello.

Jin non pensa a niente invece. D’altronde mica è lui che rischia le penne. Lui probabilmente se ne sta bello svaccato nella Jacuzi della sua cella dorata. Lui.

Ma noi mica lo facciamo per lui. E no cazzo. Noi lo facciamo per noi. E per quelle piccole piccole piccolissime cose che messe insieme tipo mattoncini del Tetris si incastrano fino a formare quello che siamo.

giovedì 3 aprile 2008

Sangue e Merda e Zucche

A me piacciono le zucche, non so a voi. Il colore. E le robe che ci si fanno per Halloween. Mi hanno sempre inspirato simpatia. Le zucche che diventano carrozze mi stanno invece alquanto sulle palle, ma quelle che cantano possono essere interessanti. Andate di 1979, queste sono le Smashing Zucche. E vi prego, che qualcuno confermi la teoria del Santo che Billi Corgan era il ragazzino che recitava in Super Vicky. Ti credo che si è ridotto così, quel telefilm faceva venire l’orticaria.

Noi intanto ci gettiamo in picchiata sul discesone della morte che porta verso il mare del Sud-Est. Tronfi e felici sulla nostra Ford Pumpkin. Già perché lo sportello anteriore sinistro ha cambiato colore. Ora è arancio. Esattamente da quando Pusher ha deciso che doveva pisciare e si è fatto estirpare la portiera da un leggerissimo autotreno guidato da un simpatico beone armeno. Fortuna che qua non mancano mai gli sfasciacarrozze…

Felici nonostante i nostri piccoli problemi con le rispettive chiome. Guru ci mette meno a lavarsi la testa che a scrostarsi le ascelle. Pusher produce talmente tanta forfora che ha deciso di spacciare anche quella insieme ai tocchi di fumo – pare proprio coca – sostiene orgoglioso. Il Santo era biondo. Ora non si sa come cazzo è successo ma è castano scuro. Sostiene siano gli effetti dello stress da lavoro e del buco dell’ozono. Ma a noi dopotutto e sinceramente non ce ne frega assolutamente niente. Almeno non oggi che c’è il sole. Almeno non oggi che l’ubriacone armeno di cui sopra è volato giù per un dirupo con tutto il suo fottutissimo mezzo. Almeno non fintanto che le nostre ossa rimangono aggrappate alla pelle invece che allo sterco di vacca nel tentativo di concimare qualche camposanto. Almeno non fintanto che come dice Guru – le palle non ci si seccano e gli spermatozoi si permettono ancora il lusso di nuotare alla Pietro Mennea. – Non è un patito di sport. Scusatelo.

Esatto. A noi non ce ne frega niente di niente. Non oggi che abbiamo un piano. Il piano. Suddiviso in quattro punti cardine.
Primo. Analisi dell’environment e studio di un approccio al target – Titolo1: capire dove cazzo sta esattamente Igor e di quanti scagnozzi dispone.
Secondo. Procurement dei necessari mezzi atti a confrontarsi col target – Titolo2: prendere contatto col Kurdo e mettere insieme la ferraglia per metterla nel culo agli scagnozzi di cui al punto precedente.
Terzo. Deployment del progetto tenendo in conto l’obiettivo e i risultati dell’analisi dei rischi – Titolo3: gettarsi nella mischia sperando di sopravvivere e che Dio ci aiuti soprattutto a non spararci addosso uno con l’altro.
Quarto. Collaudi col cliente in clima di massima soddisfazione da ambo le parti, accettazione e relativo pagamento magno cum gaudio. Titolo4: recuperare quello stronzo di Jin e darsela a gambe levate correndo con le spalle sempre al muro e sperando di salvare le chiappe.

Che poi, per festeggiare, anche a noi ci attende una grossa mangiata con massimo godimento. Chef sta già preparando il tutto. Ha comprato casse di cibo. E anche qualche cassa di legno per rispedirci in patria se qualcosa come probabile dovesse andare storto. Dice che non c’è problema che tanto le spese per il rimpatrio le copre l’Azienda. Forse. Li meglio mortacci loro.

E già che parlando di zucche mi sono dimenticato di citare quelle vuote. Ricordatevi che se vi ritrovate con una zucca vuota al di sopra delle spalle allora siete fortunati. Minimo minimo avete a portata di mano il posto di Amministratore Delegato di qualche azienda. A patto che abbiate Roberto Carlos che vi spari un calcio su per il culo e vi spari in orbita. E a patto che vi troviate in Italia. Mi ricordo a Borbona da piccolo quando arrivavano le giostre. La nostra favorita era guarda un po’ quella del Calcinculo. Spero ve la ricordiate. Ho la netta impressione che fosse un’invenzione del governo per formare le nuove generazioni a quella che sarebbe stata l’italietta del terzo millennio. Fanculo. Ma un giorno qualcuno le farà saltare quelle zucche. A costo di ricorrere alle pallottole. La speranza è l’ultima a morire.

Jin, testa di zucca, tu intanto aspettaci. Il tempo di recuperare un po’ di grana al Bancomat e siamo da te. Non vediamo l’ora. Porca zucchina.


Post più popolari